Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931

\ \ ì Lettere di Iacopo N ovaro ai suoi genitori 629 Noto subito ehe Candida dello ,stesso è ben più solida cosa. L'ossatura del dramma è quanto mai artifi~iosa ». Quando nel g,ennaio del '15 il terremoto abbattè Avezzano e devastò la Marsica, il Novaro partì col battaglione universitario di soocorso. Tornato a Roma, in lunghe lettere alla madre racconta la sua vita di quei giorni. Paesaggi desolati e note umane nettiissime : « Sotto la luce anc6ra timida, mentre spiocano taglienti i profili delle montagne che abbracciano la, conca fucense, appaiono in lonta– nanza ai lati della ferrovia di tra i vaipori stagnanti nella valle i primi paesucoli colpiti. Sono come avvolti in una, atmosfera glaciale. E si prova una stretta al cuore .... ». « Il pomeriggio venne tutto dedicato al diseppellimento di una ragazza ferita. Ri,uscimmo a liberarle il viso e parte del corpo: il resto era attanagliato dalle macerie. Parlava con una naturalezza straordinaria. Improvvisamente,come fulminata, spirò». E pure in quella, pienezza della vita romana, nelle lettere dell'ado– lescente ricorrono note più sue, solitudini improvvise, nostalgie. Scrive alla mamma: « La conquista della città su di me è lenta, laboriosa, e parziale. La corazza della vita passata, la mia Oneglia, il mare, la casa rossa, l'atmosfera familiar,e, l'home insomma oppongono la più tenace resistenza». « Domenica scorsa feci quindici chilometri a piedi solo solo al lume di luna sulla via Appia. Fu un godimento immenso». Siamo al maggio, per le vie di Roma le dimostrazioni per l'intervento si fanno irruenti. Neppure adesso al Nova-ro piace troppo mes~olarsi alla folla; ma è interventista e annota: « e viva il tempo che passa!>>. E il 9 di maggio scrive: « Son felice. ,Sì, sto attraversando uno di quei quarti d'ora piµttosto raJ'.i in cui l'equilibrio delle nostre facoltà e fun– zioni fisiche e mentali è perfetto. E le rondini empiono l'azzurro di voli e di gridi ». E dopo la dichiarazione di guerra, quando si prepara, a la– sciar Roma per la scuola di Modena: « Qu;mte e quali cose ho vedute nei giorni passati! È stata una fortuna per me respirare l'aria di Roma in. questa grande ora». Da Modena (30 novembre 1915 - 27 gennaio 1916) il Novaro scrive let– tere felici, manda « saluti allegri», sembra che questo diciannovenne raffinato e colto, nei doveri militari, che ai più restano fa.~idiosi, abbia tTovato un nuovo tonico, un impiego più pieno d:ùsé. Il Novaro è di quelli che amano il « dovere più vicino», sanno cavarne un nuovo senso, un piacere a vivere: ·« un raggio di cognizioni più largo porta con sé un maggiore e migliore rendimento negli stessi compiti più comuni» ; « non s.o qual fortunato fluido io possegga, fatto -è che tutti mi vogliono bene, e molto». Che pienezza. e felicità di vita in certi passi di queste lettere dell'« allievo» caposquadra! « Siamo stati a Sassuolo ai piedi dell'Appennino per i tiri. Una giornata aperta e lucente. Gli alberi por– tavano ,sui rami nudi un dito di bianchissima brina, e presentavano tutt'insieme un aspetto fantastico. Il buon sole li baciava amoroso. Con che grazia pia,ngevano essi! Un cos,i dolce spirito d'allegrezza e di festa si -comunicò a noi immediatamente. Un romano .... intonò una canzone. Cantava-mo cos.ì bene che il tenente colonnello si fermò cinque minuti ad ascoltare». Le poche lettere dal fronte (28 marzo - 2 giugno 1916) hanno la stessa BibliotecaGino Bianco

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