Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931
624 N. S.A. v .A.RESE, Storia di itn brigante non sarà né nuovo né vjvo, ma la coriiice compensa la poca vivacità del quadro, una corni0{i di fatti comuniss~mi? dei ~uali per alt 7 o si ve~e che lo scrittore ha esperienza sicura,, e gh piace di raccontarli. Un piacere modesto certo, ma che esiste; e si sa che a un narratore nato può riu– scire da' un nonnulla di rfoavare non disprezzabili effetti. La riprova ,è nella nessuna civetteria stilistica, nell'essersi spogliato da quella mec– canica del parlare oscuro. Toccato terra, la guarda con occhio quanto mai domestico; e se prima si divertiva a deformar:e, ora lavora a co1!1,– porre e alleggerir tutto; e ,cerca e trova, che cosa? ... : l'argomento prn ' frusto, una povera storia di un povero brigante, un brigante per forza, che a metà della sua ca.rriera non ha saputo anc6ra ucci,d~re un uomo. Tutto il racconto è condotto su un tono patetico. I delitti compiuti non fanno qua•si orrore, e più commuove la vita di lui, Michele Galardo, che ha paura del male che fa, di. sé e della solitudine e, ferito, malato, stanco, è preso e gettato in carcere, e torna .a casa dopo vent'anni, per. morirvi tristamente. Su tante cose belle di cui è pieno il libro, d'una modesta bellezza, più bella è proprio la malinconia di quest'uomo solo. Non è meraviglia che Savarese l'abbia saputa rendere nei modi più toc– canti. Anche la sua arte giunta al colmo, ha servito a darle risalto, pur senza, parere, ~ coi toni più discreti. Ma più ha servito il particolare accento del suo animo. Spremete il succo dalla interpretazione della danza che egli dà nel suo recente volume, La goccia sulla pietra (1930). Anche Michele Gafardo, in irenso drammatico e elementare, è una vita che sempre elude il suo fine,· e Ploto, Malagigi, anch'essi, sono fuori della realtà, degli estranei. Solo che a dare un poetico valore a Ploto e a Mala.gigi ci voleva altra virtù fantastica che la storia del Brigante non richiedeva, un più forte impegno, e un'intellettiva chiarezza che rendess,e il più possibile pacifi.che delle situazioni piene di grottesco. Ci voleva a ogni modo più fame di vita che compensasse magari con una disordinata ricchezza la non sitretta logica del racconto, la lena di narratore ~ il coraggio d'un Bacchelli, ad esempio. Nella vita di Michele Galardo, la limitatezza stessa dell'argo– mento facilitava il compito e la riuscita, specie in uno scrittore come Savarese i c11i mezzi espressivi, se nel1e precedenti prove -s'erano spo– gliati del vano, s'erano anche impoveriti, e la modestia dell'ingegno aippariva ormai chiaramente determinata. Modestia, io direi, senza quasi faccia. Pensate un momento a Baldini, la cui ca.rriera Bavarese per tap.ti lati ricaka, mancandogli però l'estro e il felice dono. Michelaoci o, per tanti, sarà la rielezione di Maestro Pastoso; per me è un Pastoso avvi– cinato all'animo vero di Baldini, meno raro certo, ma più umano; e quel tal sorriso che prima brillava nelle parole, ora ,è di tutto l'uomo. Savarese non è uno scrittore, ·è una fatica, scarsa di -personale accento. Forse il miglior vanto è, per lui siciliano, l'essersi creata una lingua pacata, ferma, letterariamente schietta, e dentro avervi dimenticato tutte le difficili ambizioni che portava con sé. Ma ci sono, si dirà, pa,gine di più impegno, e di un libro recentissimo, La goccia sulla pietra. Pren– diamo dunque le più belle, Creazione del mattino. A parte quell'ombra lirica che vi passa sopra, esse non -sonoche un'idillica pittura, con un'esi– tante malinconia che le muove, forse ne innalza, per un'acuta sugge- 1 BibliotecaGino Bianco
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