Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931
N. SAVÀRESE, Storia di un brigante 623 perché tale, forse lo illuse d'una •profondità raggiunta. E fu così che ! on un moto, tutto volto all'esterno, inaridì quella sua virtù di osserva– or,e attentissimo, e presunse di scrivere delle allegorie, quando sarebbe tato necessario chiarire i propri pensieri. S'inebriò di difficile. Ve;ramente, a yedere le prime prove di descrittore lirico, con quel suo tono evocativo e diffuso, e quell'obbedire a un'idea, sia pur lontana, di storia della sua vita, ch'era un ridurre la materia della narrazione a un tono frammentario e per.sonale, non si sarebbe detto che •subito dopo (dopo, dico, l'Altipiano), avrebbe con Pensieri e allegorie così ruvida– mente cambiato rotta. Non fu, a dir vero, subito; perché l'Altipiano è del '15, e Pensieri e allegorie del '20. E non si è neppur certi se quel disseccamento astrattivo d'una, somma d'affetti appena super,ficialmente sentiti fosse tutto tranquillo e consapevole. Ma nel '22 uscirono i Ricordi di strada e Ploto l'1wmo sincero. Sazio di quella sterile febbre del pen– sare, ooco si metteva a cercare i rimedi. E in Ricordi di strada •si provò a descrivere caratteri, con più acutezza forse che forza creativa; e in alcune novelle, con un gusto dell'osservare ironico e stento, ria'.,ffrontava lo studio della minuta realtà, figgendo sì. un fr.eddo sguardo, ma senza anc6ra abbandona,rsi all'estro di nanatore. (Cittadini in campagna, ad esempio, sono pagine vive, che paiono però scritte con la stridente penna d'un Folgore, e al posto cli figure che si muovano e agiscano, ci son volti e gesti fissati con una, ghiacciata lucentezza). Con Ploto invece Sa,varese torna senz'altro al racconto, strano racconto, a posta, direi, strano: come insomma c'era da aspetta,rselo da lui, a quel punto. E qui non ci sarebbe nulla da contraddire. Ma è che la stranezza rimane fine a se stessa; è un principio, un'invenzione, un capriccio libresco. Non ci meraviglia l'assurdità di aver concepito un uomo cosi assurdamente sincero : avremmo voluto che a quelh1 deformazione iniziale avesse cor– risposto una fanta,gia deforma:ute. Savarese narra sì tanti casi inverosi– mili, ma al solo scopo di narrarli, e pare non voglia sperimentare altro che questa sua virtù ri scoperta d opo oscurissimi anni. Scrive schietto e _questo gli piace; poi, -diventa.to padrone dei suoi mezzi, rinunciato per sempre al ragionar sottile, gli ,si sveglia un altro gusto, tutto letterario e antico, quasi voglia scherzare con la sua stessa destrezza; come accade ad artisti raffinati in tempi non creativi. E scrive Gatteria (1925), la storia d'un principe gattesco. Ma può una prosa studiata, preziosa,, a posta lenta, riuscire di per sé sola fonte d'ironia e di riso ? Lo può, ma con altri attriti, e con risen– timenti tutti intellettivi, in una satira riflessa, di cose attinenti la ci– viltà e la letteratura più che il costume, dove il dato dell'espressione è una cifra che fa più rari i sottintesi, e più pungenti. le allu'sioni. In Gat– teria, al solito, non c'è che l'invenzione, che di pagina in pagina •si con– suma in avventure strambe senza novità; e succede poi che quando meno è la novità, più comune e limitato e particolare il campo d'osservazione, - pitture di paese e « interni » di color provinciale, - la penna è più svelta, lascia segni riconoscibili, e arriva anche a un'allegria di rappre– sentazione piena d'un vago fascino. Così in Malagigì (1929), dov'è una, sorta di folle che anc6ra s'attarda in esperienze spiritistiche e, aiutato appunto dalla pazzia, va oltre e tocca l'assurdo, il motivo centrale per sé BibliotecaGino Bianco
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