Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931
620 M. RAPIS.A.RDI, Raccolta di poesie scelte dai poemi e dalle liriche conosoere nel fiero e innocente Oatanes~ un vero spirito di poeta. « Un poeta della Natura e del Mistero»: dice il Vaccalluzzo: e se la defini– zione non fosS'e sostenuta da una minuta analisi dei versi rapisardiani, sì da circoscriversi in un particolare significato, parrebbe troppo elu– soria, non conoscendosi al mondo poeta che non possa esser definito cosi. Ma appunto lo sforzo critico e. antologico del Vaccalluzzo, fatto con tanto onesto desiderio di giovare alla fama .del poeta, ribadisce, il comune giudizio freddo se JJ,on addirittura ostile. ,Se pure ,s,i voglian suggerire aggiunte o mutazioni, come accade, - e la scelta del Vaocalluzzo poche ne potrebbe consentire perché è fatta col più vigile impegno, - questa antologia dimostra che il tono serioso da vateJ in una declama1,ione austera e a volte truculenta, contamina quasi sempre anche i migliori frammenti e le migliori liriche .del Rapisardi. Più sociologo che poeta, nei suoi lunghi poemi che son prosperose costruzioni di filosofia naturalistica ed anticlericale, il Rap1sardi fu appunto vittima del suo fervore di apostolo della scienza: e, poiché il suo interesse batteva più verso la sostanza delle sue ide~ che non verso la forma, si acquetò in una forma decorosa,, di tradizione ottocentesca, prevalentemente montiana ~ nei momenti migliori leopardiana; ma non sì che non affiorino qua e là ,s1mnti di ottocentisti minori, e per esempio, dell' Aleardi. Nelle liriche poi il tono declamatorio e gestroso soffoca gli 1Spunti musicali, se non sul nascere certo prima della pubertà. Una malinconia affettuosa prende il lettore onesto eh~ ripercorra i versi del Rapisardi, vedendo dissiparsi ta,nto ardore e anche tanto in– gegno : sentendo qu11,ltristezza desolata avrebb~ colpito l'uomo che fu di alto sentire ed ebbe fede nei posteri, se egli avesse ,saputo in qual conto i posteri, pessima gentè ahimè (e talora spregevole come i contem– poranei) m11, questa volta, purtroppo, onesti, debban tenere la sua opera. Dei poemi il Giobbe è il solo forse al quale in avvenire, consumata la distanza cronologica tra il primo ottocento montiano, foscoliano e• la seconda metà del secolo carducciano, pascoliano, dannunziano, i letterati si potranno avvicinare con pazienza non in tutto delusa. Tra i toni rapisardiani più felici mi pare sian da porre quelli di malinconico commento alla vita, d'invocazione all'affetto ,soprattutto fem– minile, che era spiccato atteggiamento del Roma,nticismo. Ma i più intimi sono. in cert~ tem~ descrittivi di stagioni, cieli, paesi: tali, ad esempio, molti tra gh Epigrammi che sono del 1888 e nei quali si effonde una tristezza consolata dalle visioni naturàli del mondo. E belli sono i versi che ,s'intitolano Luna sulle nevi ( « Batte il not– turno vento alla campagna - L'ondeggiante oliveto» ecc.). E hanno fre,. schezza inventiva, non ostante la parentela con noti motivi leopardiani i versi che s'intitolano Ottobre : ' Ride limpido il Sol dopo là piova Sopra gli umidi camr>i redolenti Di nepitella, e più vicina appare Per lo nitido ciel l'ardua montagna Tutta ametista ed or .... BibliotecaGino Bianco
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