Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931
M.. PRAZ, La carne, la m@rte e il diavolo ecc. 617 nelle ooulisses letterarie, o pseudo-letterarie; e stare a quel ferro unico del mestiere suo, che è la- parola, rivelatrice dello spirito. Lo spirito, egli m'insegna, è tutto in ogni sua concreta manifestazione, e può bene essere sviscerato in ogni recesso anche attraverso la parola, quando que– sta sia trattata non come un oggetto empirico (sia pure nf:llla « epifania delle fonti»), ma come totale espressione, sempre, dello sipd.rito totale dell'uomo. Non abbiamo atteso Freud per accorgerci che Ovidio doveva essere un « faiso erotico >> ; e la moda, anglo-germanica, del realismo freudiano sarà tramontata da un pezzo, quando ancora vi saran lette– rati come voi, Mario Praz, capacissimi di leggere nella trasparenza di un'opera scritta, le verità di una concreta e integra anima umana. Che è, dopo tutto, l'epifania più importante. Tutto questo, se va,le forse come critica dei concetti direttivi e della struttura generale del libro, non ne infirma il grandissimo valore infor– mativo e documentario. La massa del materia,le raccolto e intelligente– mente ordinato, è enorme. E la benemerenza del Praz è maggiore se si pensa che è un materiale, per lo più, così sgradevole al palato. Lo studio attento di questa letteratura (come, in genere, il conoscer troppa lette– ratura mediocre) può es8ere indizio o causa di qualche disturbo nel– l'appetenza spirituale di un uomo: specie di malanno pro.fessionale, che aumenta il debito dei lettori verso l'Autore. Come farà il Praz, per un certo tempo, a, prendere in mano un'opera bella,, nuova o non prima conosciuta, e apprezzarla con animo candido, Sf:lnzaesser trascinato a sospettarvi complessi e perversioni ? Forse non senza ragione egli è pa,rtito, proprio ora, per un viaggio in Grecia; gli auguriamo che quel– l'aria lo ristori completamente. B:i:sogna ancora fare un cenno dell'ultima, parte del libro: D) An– nunzio e « fa,m,or sensuale della parola». Una parte a sé, dove il Praz riprende e rafforza la sua interpretazione del D'Annunzio come di un primitivo cacciatosi con sensuale ingordigia, ma sempre con vigore di primitivo, negli orti del decadentismo francese e inglese. Derivazioni dal Régnier, dallo Swinburne, 1lal Jammes, vi sono scoperte o ridiscusse, mettendole alla prova di un criterio a,ssa,i giusto e cauto. Ma più, spe– cialmente in riguardo al libro di Alcione, si scoprono dirette fonti les– sicali nel Vocabolario marino e m,il'itare del Guglielmotti e nel Volgariz– zamento del Trat'tato dell'Agricoltura del Palladio. È un contributo notevolissimo allo studio critico del D'Annunzio. ÙAMILLO PELLIZZI. GENNARO MARIA MONTI, Le Oonfratern<ite medievali deff Alta e Media Italia. - 2 voll. « La Nuova Italia», Venezia, 1930. L. 35. Qualche anno fa, nella Bibliofilia dell'Olschki (Firenze, anno XXI e segg.), G. M. Monti, studioso peritissimo della materia, pubblicava un saggio, che si poteva dire completo, di Bibliografia della laude. Fui tra i primi a lodare quel lavoro in uno scritto sui Laudesi) che la scoperta di un lamlario manoscritto appartenuto a una scuola di « battuti» della mia città, mi aveva, in un'ora. di fervore, suggerito. In quell'articolo, che BibliotecaGino Bianco
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