Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931
Come si pubblicano i nostri classici 605 neoessaria a esprimere i suoi fantasmi e i suoi sentimenti. Il Frey ha separato nel suo volume quello che era inscindibile (e confuso invece le varianti puramente ortografiche con l,e vere correzioni) ; ma almeno il lettor,e, o più qua o più là,. o nel testo o nell'apparato, trova ciò che gli necessita: .i riproduttori invece del suo lavoro danno una sola lezione sia, pure quella che appare l'ultima, e tras:Curano le altre versioni, e i fre'. quenti rito0chi; e al l,ettore sfugge cosi tutto lo sforzo che Michelangiolo ha fatto in un'arte che non era la sua, e se voglia studiare ogni piega del suo grand'animo, gli vien sottratta metà almeno dei documenti che servono a rivelarlo. ·Quando potrà uscire una nuova edizione, - italiana, grazie a Dio ! - che si prepara di queste poesie di su gli autografi accu– ratamente studiati e con un'interpretazione letterale aderente a.l testo che perfezioni e compia l'opera meritoria del Guasti, sarà una nuova prova che le edizioni veramente critiche non rendono, come oggi si pel\sa, illeggibili gli autori, ma li liberano invece da ciò che ingombra e con– fonde, e li chiMiscono e li corredano di ciò che è strettamente necessario alla loro perfetta ,intelligenza e giusta valutazione. Non è da dire che con tutte queste raccolte qualche buon volume non esca, ma sono ecoezioni : per lo più è lavoro grossolano e fatto a caso, e non si salvano da questa taccia neppure le oper,e che vengono presentate con grande apparato scientifico. Risulta chiaro che è man– cato quasi sempre chi vigilasse, ri-chiamasse e -consigliasse: ,s'è stampato quel che veniva. Nella stessa collezione Laterza i volumi che lasciano a desiderare per un conto o per l'altro sono parecchi, e qualche cosa da appuntare trovi anche nei m igliori . Non ripeterò a Lei quello che ho detto altrove del Deoamerone del M.as: sèr.a; né farò gran -caso per tutti quegli et che guastano la divina armonia delle rime del Petrarca, conservati probabilmente per scrupolo d'esattezza, e dimenticando che et, com'è stato avvertito fin dal cinqu ooento, era u na sigla che aveva semplice– mente il valore di e, e cosi si pronunzia.va. Ho cose più gravi da notare per l'edizione del Morgante e d i Iacopone. E prima di tutto, che detur– pano quei volumi troppi errori di stampa e troppo grossolani. Alcuni sono errori vecchi che si riproducono d'edizione in edizion":, e questa persistenza mostra la cura con cui si preparano tali lavori. Ne addurrò un solo esempio. Giovanni Ferri lasciò correre nella sua prima edizione di Iacopone per la Società filologica romana, là dove il povero frate parla del tristo cibo che gli è ,somministrato in prigione, sette de lo dì transìto in luogo di fette, pane rotto del giorno innanzi: l'errore rillk'tSe nella ristampa da lui curata per il La.terza, e come passò cheto cheto nella edizione del Papini, cosi rifiorisce ora in quella recentissima del La.– terza, nonostante che abbia avuto nuove cure da S. Caramella e nuova revisione sul testo Bonaccorsi che pur legge fette. Altri errori coinvol– gono nel biasimo editore letterario e revisore tiipografico, da l'auro per lauro e altro per alto a ardom per ardore, v,;r-itata per ver-itate, stolta per stolta in Iacopone, e nel Pulci darti morto (darti morte), svello (avello), vadi (vedi), interno (inferno), l'ha troppo (t'ha troppo), molto più (molto può) ecc., ché non vo' star qui a fare un errata-corrige. Si dirà che errori di tal fatta sono ,inevitabili. P- che il lettore è in grado di correggerli da sé; ma il troppo è sempre troppo, specialmente in così BibliotecaGino Bianco
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