Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931
Settimanali 585 nisti, surrealisti, di quello stesso -candore impetuoso che è proprio oggi degl'insorti, artisti o scrittori, di tutto il mondo; e gli scrittori rimasti in patria, tutti pessimisti e crudeli ,contro la -civiltà, la morale, gli usi e i costumi del loro paese, dal pr,emio Nobel •Sinclair Lewis fino a J ohn dos Passos e a Ernest Hemingway, per nominare i due che mi sembrano più cordiali, più ricchi e più sodi. Gli uni e gli altri stanno insomma contro la loro patria: che è uno strano modo per accingersi a creare una letteratura singolarmente americana. In fondo, può da1~siche il problema, sia un altro: non è la lingua, e soÌtanto la lingua, a definire la patria d'una letteratura? James ameri– cano e Conrad polacco sono scrittori inglesi, pel semplice fatto che hanno scritto inglese. Quanto alle parole nuove e alla pronuncia in3Jspettata noi sappiamo che un sonetto in romanesco o una commedia in veneziano sono letteratura italiana. La Loggia palladiana a Vicenza. 12 aprile,. Il podestà di V.icenza vuole prolungare in piazza dei Si– gnori, di fronte alla Basilka, la Loggia del Capitanio. La Loggia adesso ha dentro quattro colonne tre archi. Il podestà vuole che gli airchi di– ventino cinque. Il podestà non è né un architetto né uno studioso d'arte: è un avvocato. E gli avvocati, come c'insegna la cronaca della politica parlamentare d'ogni paese, sono di due specie: i veri giuristi che, essendo dei dotti, derivano dalla loro stessa, dottrina la prudenza e la modestia; e i solleciti praticanti che pur di far trionfare la tesi loro, storcono il codice e la logica e stimano questi distorcimenti loro diritto e loro dovere. Non credo che quell'egr,egio podestà appartenga alla prima categoria. L'arbitraria prosecuzione dell'insigne monumento palladiano è ormai un suo punto d'onore, anzi puntiglio. Peggio pel monumento. Si dedicheranno, ha pensato il podestà, i nuovi archi ai Caduti vicentini, e nessuno oserà oppormisi. Appena invece s'ebbe notizia di questo assalto della retorica al– l'arte, l'Associazione milanese tra i Cultori d'architettura con un pub– blico voto deprecò che non « si r-ecasse un irreparabile danno all'insigne monumento il quale, così' :Com'è, è un compiuto capolavoro di fama uni– versale e ogni aggiunta gli toglierebbe pregio ed autenticità»; e altre associazioni di cultura e altri studiosi fecero in tutta Italia eco a quel voto. Il podestà allora si tacque. D'un tratto, nelle more della causa, come egli direbbe, ha dato l'ordine di abbattere le case tra il .fianco della Loggia e via Cavour. Adesso la bella Loggia ha un fianco scoperto. Si potrà lasciarla così? Certamente no, e il gioco sarebbe fatto. Il podestà si è anche fatto disegnare da un architetto gentile il suo progettone: come a dire la sua « compa,rsa ». Nel 1571, mentre si fabbricava la Loggia, giunse la nuova della bat– taglia di Lepanto, e statue di pietra e rilievi di stucco ormai corrosi dai secoli ricordano tra le colonne e le finestre e sopra gli archi quel glorioso rincontro. Vittoria del 1571 sui Turchi, vittoria del 1918 sugli Austriaci: non è un bel finale di discorso appaiarle così nello stesso monumento, metà vecchio e metà nuovo? BibliotecaGino Bianco
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