Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931
Amore 583 L,a mattina dopo arrivò la siginora. Come Dio volle, Guido stette subito meglio. Passò la crisi, passarono i sette giorni, entrò in con– valesoonza. Pareva un altro, dopo; avesse visto come era diventato fine; cambiava anche di viso ; andava a somigliar tutto alla mamma. La signora si ,d[mostrò tanto buo1I1a; fu lei a darsi attorno per tro– varmi un altr-0 posto, e lll-Olll fu contenta alla prima; sinché non ebbe trovato il posto che ci voleva per me, non mi disse nulla. Ma tanto lo sapevo da me che non potevo restare con loro. Bastava guar– darla : lo sa, le donne eerte cose le sentono subito. Ora con questa signora sto bene. Gli è morto un bambino di tifo; gliel'ho detto, vero? Era un amico di Guido; della stessa età, compagni di scuola; ogni tanto facevano le lezioni a casa nostra. Mi_par di vederli ora, chini al tavolino, sui libri. ... La vecchietta tirò un gran sospiro; profondo come il tempo. - E Guido? - le chiesi con un certo rimorso. - Nolll gliel'ho d'etto? Sono andati a star sul mare, in Riviera. AndarOIIl via, per le vacanze ; e fu allora che la signora me lo disse che nolll sarebbero tornati a Firenze; avevano paura del clima, l'i111- verno, per Guido, per quel polmone. -Ma gliel'ho detto: lo sapevo ,digià che non potevo seguitare a star da loro. lllltorno a noi si era fatta la pace del crepusco1o. Anche i bam– bini, sotto l'influenza serena e solenne dell'ora, avevano smesso i loro giochi e si erano accostati a chi li aveva in custodia. Guar– -dandomi i.in.tomo,come a alzare gli OC(;hida un libro dopo una luinga lettura, nolll riconoscevo il posto, quasi ; forse amche, cambiando la luce, le ombre, allungandosi basse, davan rilievi diversi alle cose, .agli alberi, alle linee del paesaggio. Quamto tempo, quanta vita può stare in un'ora <li racconto. La bambina si era messa fra le ginoc– chia della sua donna, e lei le aveva posato una mano sul capo, fra i riccioli. Poi le piegò un po' il viso insù, verso di me : - Vede, qui, nella bocca, nel lllaso, è tutta il fratellino. E io, a, guardarla, tamte volte, lo rivedo lì, ,!'):ccantoa Guido, come era allora per me ; prima• che succedesse tutto ; e mi rammento di quando, da bambina, Fausto .... Mi ritorna tutto, allora; e invece in casa loro, accanto a loro, non mi ricordavo più di nulla, era come se non ci fosse più. Ma s'è fatto tardi, con tutti questi discorsi, che chissà come l'avrò annoiato. Si alzò e prendellldo la bambi.ina per 1a mano, mi salutò : - Arrivederla, e scusi. Io mi trattenni ancora un poco per quegli argini a camminare -su e giù nel crepuscolo. È l'ora che si sta meglio soli, _a rimugi111are pensieri, idee, ricordi. Poi a Ullltratto mi venne UIIlO scatto d'impa– zienza con me stesso : nOIIlavevo nemmeno chiesto il suo nome, a quella donnina; non sapevo nemmeno come si chiamava. DELFINO OINFJLLI. BibliotecaGino Bianco
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