Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931

582 D. OinelU mi guardava come da ragazzo. Allora non so cosa mi prese; do– veva es:-;ere Ìa gran stanchezza di quelle due nottate tremende, fatto si è che gli dissi tutto. Tutto: chi ero, come m'aveva ritrovata da rag•azzo, sugli scalini della chiesa; e poi dopo, quando stavo in .. casa sua che m'insegnava a leggere ; e i libri che si lèggeva che non mi facevMl dormire; e le nostre avventure, sul greto dell'Arno ; e quel che avevMl voluto dire per me, e il bene che gli avevo voluto. A pensarci ora non so nemmen io come trovai le parole, di dove comilllciai; non mi rioordo più; era oome se fosse un'altra che par– lava, ispirata. Lui mi guardava con certi occhi fuori della testa come se noo capisse nulla. Ma purtroppo capivo io. Non si ricor– dava di nulla. Capisce ? Non si ricorda.va di nulla. V. - Ormai avevo detto tutto; non potevo più tornare indietro. Cosa nolll ~vrei dato per rimMlgiarmi le parole, per ritornare come prima. Ma era impossibile : indietro non si poteva tornare. Indietro non si pnò tornar mai. E allora, per giustificarmi, almeno, per non passar da pazza o da imbrogliona, mi misi a parlargli di quel tempo, di suo padre, della sua mamma, di dove stavano, di come vivevano. E lui faceva di sì col capo: di quello si ricordava, di tante cose si ricordava, fuorché di quella bambinetta che aveva trovato sugli scalini della chiesa ; dei libri che le leggeva, delle battaglie sui Renai dell'Arno; di tutto si ricordava, fuorché di quello. Capisce? Era come se io non ci fossi mai stata. Sicuro : era come se non ci fosse mai stata ; come se le prendes– sero il suo passato, il suo, solo passato e le dicessero: non è più vero, sai, non era vero nulla. - Ci crede ? Mi pareva di non veder più nemmeno Guido, che dormiva lì, sotto ai nostri occhi. La donnina lll0n parlò ,più, per un pezzetto. Fui io a doverla di– strarre dal suo silenzio. - E lui, Fausto? -. Ah, lui, si vedeva, era convinto che dicevo il vero. Ma non se ne ricordava, di me. E sa, poveretto anche lui, cominciò sùbito a dire: « Ora che ci penso, mi pare; sì sì; sicuro>>, e via di seguito; ma si vedeva che lo faceva per compassione. O forse era vero : co– minciava a ricordarsi; ma ormai era tardi. Del resto non c'era da fargliene colpa; vuol mettere la vita di un uomo ché fa tante cose, lavora, diventa ricco, chissà mai quanta gente conosce, a quanta. gente vuol bene, con la mia? E erMl passati treint'Mlni. Io non avevo– avuto altro, ma lui.. .. Aveva preso moglie; si era fatta una fa– miglia .... Biblioteca Gino Bianco

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