Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931

.Amore 581 « Ma, ca-ra )) 1 rispondeva lui e si sentiva eh~ cominciava a inquie– tarsi, « no:n si può mica mandar via una donllla perché vuol troppo bene a un ragazzo. Purché IIlOIIl faccia soffrire la. bambillla; .e a me mi pare che non .sia davvero il caso; la bambina vedo che ci stavo– lentieri. E poi qurundo ,si trova un;=i, persona come quella, che nOIIl si risparmia per nulla, che per i bambillli si butterebbe 1I1el fuoco, prima di cambiare bisog:na pensarci due volte. Chissà cosa ci po– trebbe toccare. Pensa se si dovesse mandar la bambina per le strade con una di queste grullerelle che appena le guarda un uomo, non sanno quello che si fanno; che tutte le volte che vanno fuori si sta con l'animo sconvolto>>. « Già, anche te ci hai un de·bole, per quella dolllnina. Ohe cosa ci troviate, voi due .... >>. Signore, il bene tira il bene. Lo vede, avevo ragione d'aver paura. Una notte, che io dormivo nella stanza a,ccanto con la bambillla, sentii Guido che parlava, IIlel sonno. Mi levai e lo tr,ovai che sma– niava. Lo toccai : le carni gli bruciavano. La signora era rundata a Milano a far visita ai suoi parenti di lassù, e il padrone era fuori, al teatro. Saranno state le dieci; rundai a chiamare il cameriere, lo mandai dal dottore ; poi misi il termometro a Guido e vidi che aveva la febbre sopra a quaranta. Come Dio volle, venne il dottore: aveva un polmone preso. « Bisognerebbe che ci fossero i genitori>>, brotlltolava il dottore, U1I1 vecchio. Disse che av,rebbe aspettato, ma poi si stancò, il babbo nOIIl tornav~, e era mezzanotte; dii;,seche sarebbe tornato più tardi; intanto era venuto tutto, dalla farmacia. E io restai sola, con Guido. Dirle quel che è stato, quella IIl•otte,col bambilllo che delirava. Verso il tocco, tornò Fausto. La prima cosa fece un telegramma alla si– gnora. E si passò tutta la nott~ lì, eh~ [10n c'era nulla da fare altro che cambiargli il ghiaccio sul capo, ogni trunto, e bagnargli le labbra. Ma fu la seconda notte. La sigrnora telegrafò: era sui laghi, in mootagma; non poteva arrivare che il giorno dopo. E qurundo s'entrò nella nottata, Guido, che silllo allora era stato benino, peggiorò, entrò i[l delirio. Il dottore era in pensiero ooche lui, e non si mosse di casa sin verso le due, che il bambi1I10si era assopito. Era trrun– quillo, respirava meglio. Si stava dalle due pareti del letto, io e il babbo . .Si vede che mi si eran chiusi gli occhi: sa, dopo due notti d'rungoscia, ero stanca; quand'ecco li aprii e mi ritrovai gli occhi del bambino addosso, fissi, nei miei, e ecco mi ritornò, come la prima volta che l'avevo visto, quel viso di Fausto davanti, sopra al suo, e non mi potei rattenere e chiamai: «Fausto!>>. Fu come s1, mi destassi; ma per ripiglìarmi era tardi. Il bam– bino aveva sorriso e aveva richiuso gli occhi; come se lui ca– pisse. Ma di là c'era Fausto, il babbo; e era proprio Fausto che BibliotecaGino Bianco

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