Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931
578 D. Oinelli provata a raffigurarmi il viso di Fausto ; mi sforzavo di rimettere msieme quelle fattezze, per non perderle. Eppure l'avevo sempre in mente· sempre, lllOill c'è d·a dire. Ma :figura,rmi il suo viso, come ' . . . sapevo che era, non mi riusciva. E eooo, .ora, a un tratto, a sentirmi guardar ,da quel bambilno, eccolo, il viso dli Fausto, che· mi s'era rifatto dentro, e era apparito, come se fosse allora. Ma fu un mo– mento: poi mi svegliai, e ecco IIlon c'era più che il viso di quel bam– bililo. L'avevo riperso. Allora capii perché: si somigliavamo, alla loliltana, quel bambino e Fausto. Ma come facevo a saperlo, se non me ne ricordavo più, ·del viso di Fausto ? Sarà durato un momento; ma quando mi ridestai, ecco che quel signore disse : « Forse, Maria, si potrebbe provare, un po' di tempo. IIIl prova, s'intende)). « In prova)>, lo disse forte, come se incominciasse a pentirsi. Fatto si è, non eran quelle le parole che ci si aspettava : io ero certa che non m'avrebbero presa. Sarà stata pietà; sarò, che mi si leggeva inlviso che ero alla disperazione ; ma io dico invece che era perché a rivederlo, Fausto, mi aveva dato un ooraggio, una form che la dovevan sentire 31Ilcheloro. E ecco il bambi.:no, forse spmto un po' dal babbo, fece U1I1 .passo avanti, verso di me e mi dette la mam•o; e· io mi chinai per sorridergli, mf.l,IIlon vedevo più che una gran oonfusio1I1edi biondo. « Va bene; come tu vuoi, Fausto)), dli.,sse,piuttosto perplessa, la signora. IV. - Non bisognerebbe smettere mai di ringraziare il Signore, per– ché nella vita le consolazioni son sempre a cento doppi delle poo.e. :È che nòi siamo' egoisti e ci si lamenta della vita perchè ci togli() quello che ci ha dato. :È come d'autunno che ci si ·rammarica che venga l'inverno, ,senza pensare che c'è stata l'estate. O quando si perde quakurno di caro, che noi si rimprovera tutto, il mondo, la gente, la vita, invece di pensare al bene di prima, quarndo c'era. - Un breve acuto di falsetto nella voce che inciampicò un momeinto mi fece levar su lo sguardo: ma la donnina guardava per terra. Con un sospiro riprese: - Se sapesse che tempi ,sono stati quelli per me. Io non lo sapevo che si potesse esser così felici al mondo. Veramente ero stata presa per far da bambinaia alla bambina; il bambino rnon lo vedevo che di rado, ma che importava: a me mi bastava di sapere che c'era al mondo. Guardi, le dico la verità, mi avrebbero potuto mandare an– che via, quasi quasi IIlùnme ne sarebbe importato; oppure in qualche modo avrei fatto per vederlo, ogni tanto. E invece, capisce, seRtivo BibliotecaGino Bianco
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