Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931
G. Stuparioh versato sul mio letto; ch'era il segmo della :q.1iadisperazione. Sfor– zavo un poco i singhiozzi, perché, sentendomi quieto, inon mi ri– chiamassero in cucina. L'uscio di casa improvvisamente s'aperse ed entrò la zia Nene. Dalla mia posizione non la potevo vedere, ma che fosse lei non c'era dubbio; riconoscevo all'effetto il vento fresco e ravvivatore ch'ella portava in casa. Qurundo entrava, tutti si scuotevruno e si mettevaino a cinguettare oon lei. Sentii una grrun voglia di balzar su e di correrle incontro, ma mi sforzai nella mia parte di disperato, perché mi venisse a consolare. Ella doveva in– fatti passar per la, mia camera, per rundarsi a spogliare. Ma non la vedevo venire. S'era fermata in cucina e doveva raccontar qualche co.sa d'importante, perché gli altri tacevruno. Morivo dal desiderio di sapere, ero oombattuto tra la mia istintiva curiosità e la mia teatrale ambizione. Quando mi parve che ormai fosse passato troppe> tempo e percepii un tintinno di posate come di gente che si fosse messa a mamgiare, allora (c'era anche 1a, fame, ridestatasi di colpo, che mi vi spingeva) mi rialzai e m'avviai lemme lemme e vergognoso verso la cucina. Trepidavo per l'accoglienza che m'avrebbero fatto. Vedevo già la faccia.severa della mia matrigina e udivo i suoi rim– proveri. Il signor Sponga avrebbe intercesso per me e forse non avrebbe voluto neppure ch'io gli chiedessi scusa; mi sarebbe bru– ciato assai chiedergli scusa, ma egli era molto genèroso. Lo zio Roberto si sarebbe intenerito anche lui. Mio padre non era anc6ra arrivato : egli veniva sempre a-ssai tardi e malilgiava solo. E la zia Nene? Proprio non potevo immaginare come m'avrebbe accolto; ché a prevedere gli atti di Nene c'era sempre da sbagliarsi. Ma a me 01·mai mi bastava di vederla, di sedermi a tavola, al posto che con, molta diplomazia ero riuscito ad avere vicino a lei. La vidi sùbito, appena entrato, anzi si può dire che non vidi che lei. Ma di tutto quello che m'aspettavo, non .successe nulla. Nessuno volle accorgersi di me. Rimasi tanto male che mi pareva di non essere più al mondo; avrei preferito che mi sgridassero tutti. Per non saper che fare, girai gli occhi attorno e vidi la roba della zia Nene appesa à un chiodo tra l'armadio e il focolare: avevo un bell'attendBre io che passasse pe:r:la mia camer;:i, ! Ma perché un fatto così insolito ? Tornai a guardare verso la tavola. La zia· Nene parlava accalorata con lo zio Roberto e con Olga, rivolgendosi di tanto in trunto anche al .siginor Sponga. Essi erruno già alla carne, mentre il mio piatto di minestra si raffreddava. Il mio posto vuoto :mi fece una grande malinc01I1ia. Visto che gli altri noh m'avreb– bero certamente invitato, ci andai a sedere da me, tr~ il vergo– gnoso e l'offeso. Soltanto la mia matrigna mi degnò di un'occhiata cattiva, pur continuando ad ascoltare la zia Nene. Costei s'ostinava a non badarmi, come se non esistessi. Mangiai la minestra con 11:n groppo di dolore e di rabbia in gola. ' BibliotecaGino Bianco I .
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