Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931

La promessa della zia N ene 447 dentro la dotol;:i,; io, svelto, mi divertivo a intralciar le sue dita, lei a difendersi picc-hlettwndomi la mamo; i oo1ombi .spaventati si partivano con volo rumoroso. Lei mi sgridava. ,Ma i colombi ritor– navar:1.0presto da ogni parte ; con le loro testine iridate, con le mosse caute s'avvicinavano alle briciole di pane che noi lascia– vamo cadere ora tranquillamente, si spingevano, si beccavano fra di loro con feroce egoismo, rauchi e pettoruti. Presto noi ricominciavamo a bisticciarci e i colombi a fuggire e a ritornar di nuovo. Così passava un tempo lungo, che a me pareva sempre troppo presto. · Ma le ore più ansiosamente desiderate eram per me quelle di oerti pomeriggi estivi. Lo zio Roberto se ne aindava col boccone in gola, imprecando al ca1do che um.a volta o l'altra l'avrebbe fatto morire. Io mi sdraiavo per terra, sotto um.a finestra della camera grande, e sfog1iavo un vecchio libraccio di storia [laturale, che in altri momenti arricchiva d'immagini l;i, mia fantasia ; ma allora esso mi serviva di schermo, perché gli altri mi credessero occupato. l[l realtà stavo al varco. Nene, dopo aver aiutato in cuci[la, pas– sava i[l camera sua e toltasi la veste si buttavar sul letto. Gli usci erano spalancati; per le persiane filtravano strisce di luce e met– tévamo dei chiari nella penombra. Faceva tanto caldo che nessum.o aveva voglia di parlare. Dopo alcu[li minuti, quando [10[1 la sen– tivo più muoversi, m'alzavo dalla mia posiziOllle e piano piano, scalzo com'ero, m'avvicinavo al suo letto. Scavalcavo, leggero come una piuma, i suoi piedi badando di non urtarla e mi ,sdraiavo al suo fianco. Se riuscivo a questo, ero al sicuro. Ella [10[1 era ad~or– mentata, s'era appena appisolata; s'aooorgeva benissimo di me. Se le avessi chiesto, avanti, di lasciarmi dormire vicino a lei, come avevo fatto il primo giorno, m'avrebbe risposto : « sei matto COlll questo caldo», ma una volta ch'e ro su, non aveva né la voglia né la forza 'di mandarmi via e diceva soltam.to : « eccolo qua, lo scoiat– tolo>>; e poi, ogni volta, slargava il braccio, in modo ch'io potevo starci sotto con la testa. A poco a poco mi facevo sempre ,più ac– costo al suo fianco; a un dato pU!nto lei mi respingeva con tutte e due le braccia ~ mormorava qualche cosa, mezza nel sonno; ma io, non so come, quasi per un risucchio, mi ritrovavo subito -più aderente al suo corpo. Difficile dire quel che provavo; stavo con gli occhi chiusi, tutto raggomitolato, per assaporarmi ogni goc– ciola di quella felicità, e l'ebrezza era tanta che mi traboccava di colpo nel sOIIllllo. Risvegliandomi, mi trovavo solo 111eletto; m'av– vilivo, m'arrabbiavo d'essermi addormentato, giuravo che la pros– sima volta sarei sfato più padrone di me ; ma ogni volta mi· suc– cedeva lo stesso. Ora tutti questi momenti di felicità passati con la zia Nene, me li andavo rievocando fra i singhiozzi e le lagrime. col busto attra- Biblioteca Gino Bianco

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