Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931

La promessa della zia Nene 445 bene allo zio Roberto e mi divertivo assai oon lui, perché egli era immagmoso ed esagerava pittorescamente tutti i fatti che raccon - tava; ma qurundo baciava Nene, non lo potevo soffrire. Avevo sì l'improntitudine dii nasoonder e i miei sentimenti e di burlarmi ostentatamente di lui, perché abbraoci a.va Nene, ma il mio istinto sarebbe ,stato di strapparlo con rabbia da quell'abbraocio. L'idea che passassero tutta la notte_ insieme nella camera vicina, mi disto– glieva molte sere dal sonno e mi faceva rivoltare nel lettò. Fingevo di dormire ed ero tutto teso ai rumori che provenivano dall'altra camera. Quando la udivo ridere con quel suo riso a campanelle, mi consolavo; il silenzio misterioso m'angosciava più d'ogni altro rumore che percepissi. Ma una sera che mi giunse come l'eco d'una sculacciata, mi misi a pirungere sotto le coperte; credetti che lo zio Roberto bastonasse Nene; ma quMldo, invece d'udirla protestare o lamentarsi, percepii un gorgoglio sommesso di piacere che non po– teva provenire se non dalla sua gola, e mi balenò il pensiero che quello fosse un giuoco a cui si divertissero insieme, allora mi ver– gognai trunto che le fiamme del viso m'mcaforirono il guamciale e dovetti scostarmi le coperte dal capo e dalle spalle ; mi vergognai di me, di lei, e mi pareva che non le avrei più perdonato. Una domenica mattina che l'uscio della loro camera era soc– chiuso, entrai silenziosamente. Rimasi come fulminato nel vedere lo zio Roberto e la zia Nene in lliil letto e l'altro vuoto. Non dissi parola, feci come l'uomo esperto che non si sorprende di nulla. Sapevo già che tutti i mariti stamno a letto con le mogli, ma nella mia, immaginazione non avevo mai concesso allo zio Roberto un tale diritto ; ebbi allora per là prima volta la sensazione vera, come di qualche cosa d'ineluttabile, che lo zio Roberto e la zia Nene eramo inarito e moglie; prima nOIIl ci volevo credere, mi pa– reva uno scherzo. Io ero rimasto fermo sulla soglia. Lo zio Roberto mi cacciò dalla camera oon un urlaocio, dopo avermi rimproverato co:n male parole d'entrar di furto nelle camere degli altri. Io non mi curai ne3.lllche di rispondergli ch'avevo trovato l'uscio aperto, mi pareva d'abbassarmi; e m'allontanai sdegnato. Nene andava a lavorare, ma non tutti i giorni. Quelle mattine ch'ella restava a casa, poco tempo dopo ch'era uscito lo zio Roberto, io entravo in camera sua, col pretesto di mostrarle qualcuno degli oggetti «meravigliosi)) che ,scovavo nelle soffitte e che nascondevo fino a quel momento, o di riportarle « le ultime novità)), racconta– temi dalla signora Sesa, delle quali la sapevo ghiotta. Ella, senza nessun riguardo a me, continuava a lavarsi e a pettinarsi. Io provavo una grande eccitazione, senza capirne bene la causa; desideravo sol– tanto, ardentemente, che quella toilette durasse il più a lungo pos– sibile. iMi deliziava quel suo petto bianco su cui scorrevano le gocciole d'acqua, come perle, -fin dentro l'orlo della camicia; e le ibllotecaGino Bianco

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