Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931
444 G. . Stuparioh non prov~vo rimorso della parte ch'avevo fatto al. signor Sponga, ma piangevo per la zia Nene, che non era venuta, che non veniva anc6ra. E il mio rammarico non era tanto per la m1:1,ncatacorsa in città, per i biscotti e il marsala di cui ero pur golosissimo, al punto di non resistere alla tentazione di rubarne la bottiglia e trangu– giar:O.edei sorsi di nascosto (era il peccato ch'io, dovendo far ·per iscritto il mio esame di coscienza, segnavo sempre in capo lista e snocciolavo per il primo, con gran vergogna, al mio confessore), quanto per la promessa non mantenuta da Nene. Nooe (io non· 1a chiamavo quasi mai zia) era la mia luce in quella casa. Quamd:o non c'era lei, tutto mi pareva buio. Nei miei giuochi, nelle IIJlievisite alla siginora Sesa, 1I1ellemie .scorrerie per il pianerottolo, mi sentivo improvvisamente pieno il cuore dell'ini– ma,gi1nedi Nene; traevo avanti i miei giuochi, o continuavo a,dJ– ascoltare la sig1nora Sesa, o seguitavo con impegno la partita a carte col signor Pantaleone, solo perché ero sicuro che Nene 'sa– rebbe tornata a ca-sa e che l'avrei rivista. Quando c'era lei, io non m'allontanavo mai di casa. Inquieto per 1I1atura, diventavo tran– quillissimo. Mi bastava vederla, sootirla. Ne percepivo la presenza oltre i muri. Se ella era nella sua cameretta ed io IIlOIIl ci .potevo entrare, giuocavo nella camera vicinl;l,. Appoggiavo, qualche volta, al muro uno sgabello e sopra ci mettevo una. scatol·a aperta, dentro la scatola un'immagine sacra, che rappresentava un piccolo Gesù bambino in culla, protetto da UIIl angelo con le grandi ali aperte :– questo era il mio altarino; mi ci mettevo davanti i1norazione; nel– l'estasi quell'amgelo mi si trasformava ,nella zia Nene edJ io l'ado– ravo. Ma non si creda che i miei giuochi fossero sempre contem– plativi; 1ne facevo anche di violenti : menavo .al inacello i miei cavalli a dondolo e li sbudellavo, tiravo frecce appuntite contro i mobili, sempre quam:do la mia matrigna non c'era.· Con un altro zio giovanissimo che veniva spesso a trovarmi, giuocavamo ai pi– rati e ai briganti e fa~evamo della ginnastica azz·ardosa, tanto che · proprio quell'a,nno m'ero rotto un braccio e .siccome n'ero rimasto debole, m'avevamo levato di scuola. Per questo motivo io passavo la maggior parte del mio tempo in èasa e sul pianerottolo e di– menticavo H poco alfabeto impa-rato. Lo zio Roberto e la zia Nene abitavamo con no1 m Ulllacame– retta la cui :finestra dava sopra la gronda del tetto. Per entrarvi bisognava passare da una camera più grande, la 1nostra, cioè quella in cui dormivo io con mio padre e con Olga. Poi c'era, attigua alla cucina, anc6ra una camera ; in questa abitava il signor Sponga, nostro inquilino. La zia Nene era sposa da pochi mesi ed aveva 25 amni. Lo zio Roberto ne aveva 27, ma ne mostrava 50; aveva già tutti i capelli biamchi e camminava molto curvo. Io poi me lo :figu– ravo cadente, anche a motivo della sua tosse ostinata. Volevo molto I BibliotecaGino,B1anco '
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