Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931
La promessa della Zia Nene 441 taleone mi dava sempre per il primo il buolil gior1110, se s'aiecorgeva di me: altre volte, non vedendomi subito, prima d'arrivare a me, si soffermava rn ogni ramera a ribadar Sesa e a sussurrarle dolci paroliine all'orecchio, poi, scortomi, non si scomponeva, mi consi– derava di famiglia e mi tendeva la mano. Ohe rç1,pporti ci fossero tra la sig111oraSesa e il sig111or Pa,ntaleone, io lo sapevo beinissimo, anzi lo sapevo meglio forse di tutti gli altri che s'immaginavano di saiperlo. Me !Ileaccorsi UIIl gior,no che domam.dai alla mia, matrigna, per una pura curiosità formale, se la signora Sesa fosse la moglie del signor Pantaleone. Zio Roberto e zia Nene ch'erano presenti, soffoca– rono le risa, la mia matrigna, mi rispose ambiguamente che pareva di sì, e mio padre, con un fiero rabbuffo, mi proibì d'entrar da« quella gentaglia)) e sgridò le donne che mi ci lasciavano WI1dare. Io cre– detti bene di non parlarne più e trasgredii regolarmente gli ordini dì mio padre, percJ:fé mi sarebbe costato troppo rinu111ciarealle mie visite frequenti nell'abitaziOIIle dei vicini. Moglie? 1 Ma sì, lo vedevo così chiaramente che la sig111oraSesa era moglie, sorella, s~rva del · signor PWI1taleone, ed io avevo tutto il rispetto per lei e non mi sa– rebbe mai passato per il capo di riderne; anzi il ridacchiare che aveva fatto la zia Nene, m'aveva offeso. Il piacere ch'io provav-o a star 001I1 la signora .Sesa era gramdis– simo. Intanto 1I1essunomai m'aveva trattato con uguaJ cortesia; ella e anche il signor Pamtaleone mi consideravano .come UIIl loro pari, e for,se per questa ragiOIIleio nOIIlmi curai mai non solo d'in– dagare, ma neppur di riflettere sulla loro età. La signora Sesa mi mostrava i suoi lavori di ricamo e mi chiedeva se mi piç1,eessero,mi faceva assaggiare le pietrunze e m'a'scoltava quando fossero poco o troppo sa-late; m'informava dei prezzi delle verdure e dei fatti di cronaca. Seppi per la prima volta da lei che un uomo poteva am– mazzare una donna per gelosia, che al « Bosco dei pini)) venivamo scoperti, in certe mattine grigie e piovose, i miseri impiccati e che al «Boschetto)) andavano le povere tradite ad avvelenarsi con l'acido fenico. Mi raeooliltava gli amori di molte giovani ·della contrada e mi descriveva la vita e gli abbigliamenti di certe d'ame che abitavano al primo piaino della nostra casa. Alcune v-0lte tirava fuori, dall'ul– timo e.assetto d'un armadio, delle vecchie riviste illustrate, per lo più di mode, e passavamo lungo tempo insieme a sfogliarle e a oom– mentarle; dallo stesso cassetto uscivano poi (ma solo nelle grandi occasioni ed io, per quanto desiderassi di vederle, non m'azzardavo mai di chiederne) certe ballerine di cartone, vestite di crespo di carta fina, dai colori vivacissimi. La vedevo così commossa, quaJD.do le teneva sulla palma della mano e le girava e me le faoeva COIIltem– plare da ogni lato, che un giorn-0 le chiesi se anche lei fosse balle– rina. Mi rispose, con un singhiozzo nella ,gola, che lo era stata ; gli occhi le s'inumidirono ed io mi spaventai temendo che le lagrime BibliotecaGmo Bianco
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