Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931

436 L. Valli Quando lessi l' Odie A Giuseppe Verdi nel trigesimo della sua morte, rmi pa,rve di rico1I101scere i ,segni del tormento da cui era nata. Anche tra le sue poesie d'occasione, moltissime erano sorte da una commozione immediata e proo'o1I1da(per esempio l'Inno fu– nebre al Re Umberto), mia ruoune ,gMvenivmno richieste C-OII1 insi- 1stenzia e si direbbe quasi che le une e le aHre si rioonoscano a prima vista. • Il Pascoli « quando era sorbo)). - Intorno al '9QO, e poco dopo, le brevi soste del Pascoli a Roma erano frequenti, ed era il tempo in oui ci trovavamo spesso riuniti aitto,rno a lui con Luigi Pietrobono e Luigti. Siciliruni che era.no divenuti suoi amici molto dievoti. EravaJmo quelli ,e;heegli chiamava « i tre Gigi)). Ricor-do un tra.tto del -suo humow,r ,a .proposito della ,affettuosa devozio1I1e che aveva per lui il caro Sioiliruni. Con uno spum.to di moda un po' dann,unziM10 egli COOI1N1ciò a cMamarlo « Moostro)). Ma àlla ritrosa modestia del Pascoli la cosa nolil andava affatto a genio. Un paio di volte lo lasciò dire guardandolo un po' di traverso, come ilil ,sospetto ; alla terza mormorò ooo a.ria tutta malinronica : << Ma io sonò professore, perché mi vuole degradare dandomi sem– plicemente del maestro?)), E la formula leziosa cadde per sempre in un'allegra risata. Ma di me rideva ogni t,M1to perché gli facevo, a sentir lui, tr,oippe prediche. A dir vero questo poteva accadePmi quaJI11do lo trovavo così disperrutamente im,pacciaito in .qua1che piccolezm u111 po' cor.rnioa della vi,ta ,pràtica. Ma sotto questo raipporto Adolfo De Bosis, che pure molto lo aimma, fu u1I1avolta ben più c,rudele. UIIl-odegli irmpacci tragici d[ quei suoi passaggi da Roma era il povero Gulì. Gulì non era, g,'riam,de dia fo,r troppo ingombro, ed era buono•, grazioso, nero ,sulle grumbe :svelte, lllna specie ,di mezzo levriero italiano: ma impacçfava per la sua, eccessiva timidezza e perché non ,potev11restar ,solo all'albergo né istare 001I1 fa, gente. Un giorno il Pascol,i si SJClllsava di non p,oiter rundare dal De Boisis, che ii.nsisteva illllolto per averlo a p[['Mlz;o.Diceva che hisognaiv·a pensare a Gulì. « Ma che oosa ne faocio di Gulì ? )). Il De Bosis, un po' contrariato, un po' perché veramente non sapeva che 00,s,a, propor-re, gli disse sch-erz;rundo : - ù\fa Guli.... lo potresti aJfogrure! Il Paiscoli fu •sbalordirto dalla eDil[)d.età d~Ha proposta : - Senti, senti, -Mariù, che cosa dice! Affogare G'ulì ! Lui che ha tutta la ca.sa piena di bei piccini ! E ,inoi IIl-on abbiamo altro che Gulì e ce lo vuole affogare !.. . Ma della sua rit:rosia e della ,sua timidezz;a talora così ingenua, , ric-oirdo molt•i tratti g,razioSli. · , Biblioteca Gino Bianco I

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