Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931
428 L. Valli Deb.bo d[re a mia scusa che quell'essere ,saltato soo.za u,n perché dalla seconda in terrza gininaisiale aveva dato alle mie c onoscenze morfologiche una debolezza congenita e mal rimediabile, ·e d'altra parte le lezioni non el'lamo molte e bis0tgna riooo1:oscere che, per q uainrto eo·li tentasse di discen dere umilmente verso le mie defi- b • cioo.ze graa:n.maticali e di esse.re miniuto e metodico qua1I1to SI conve- niva p er UIIltale uff icio, 'rsi sent iva, che inon era naJto iper quello. Il bello :lìu che dopo il Collegio Sam Gio:rgio io passai a Roma aJ Collegio Nazareno dove e 1 bbi per JJlrOfe.ssored[ liati1110 pr,oprio quel ipad1re Geronte Cei che più di venti amlili ,pr,ima aveva i.nise– gnwto il lati1I1.uocioaJ Pascoli nel Collegio di Urbililo, e che lo aveva anche a.iiutato 00[1 grande amore nella, ,suia difficile infainzia. Il pad-re Oei noo solo si scandalizza,va, com'er-a natura.le, dei miei errol'i ma, sa,pendo quaJe grainde l1atinista foss e diventa to il suo Giovannino di u,n tempo, IIl0n riusciva a c~aicitatr-si che gU avesse maindiaJtoquel nm felice p1rodo 1 tto della sua semola, tainto più che per il padre Cei un essere umamo valeva, soltanto in ragione i111versa dei suoi erro-ri di latÌillo. Più tardi, qua,ndo io ero all'UIIliversità, il Paoooli rideva molto di me (e me :ne :S0I"iveva -ainche)perché dicevo scherzamdO( lui presoote, che ero riuscito male IIlel la,tino perrché avevo avuto la disg-razia di ca.pitJa,reoon UIIlcattivo insegna,nte al gÌillnasio imferfore. Ma ricoll'do il SIUO slamcio e la sua passdione qualildo potemmo arrivare a Virgilio, specialmente all'Egloga quarta, quella della mi– rabile p~Otfezia « Ultima oumaei venit jam carmri'Yllis aetas )).... La sua voce, quando diceva dei versi che gli piacevano, cambiava oompleit3illloo.tetono ,ed :ùnfl.essionedi 1 Velllf.IDdo leggermiente guttu– rale. Fìa,ceva ondeggiare la <testa dietro aJ SIUO dire UIIl ,po' a.canti– lena ma pieno di oommozione e d[ musicalità. Era, ,pa:-oprioquella Egloga qu(J/rta che 0OIIl i suoi due iprimi versi dO'Vevada,re i motti alle sue raocolte di -poesie : Sicelides Musae pai1lo maiora canamus. Non omnes arbiista juvall!t humilesque myricae. Ed egli dette il moitto (( Arbusta jitvant hu,milesqite m,yricae >> rule My:icae · e ai Canti di Oas'telvecchio, << Paulo majora >> a.:i Poemetti) << OanarnJU.S >> alle Odi e Inni e ai Poemi Oorvviviali. Con che fervore faceva rivivere lo srpkiito p-ro!l'etioo del calllto e il q1Uad-rodella- terra rinnovaJta e felice e ricaintava l'u1timia dolce esortazione: << Incipe parve piier risu cognoscere matrem >> !... Delle sue via.rie p!l'edilezioni per le poesie lati111eo italiane ho un ricordo boo vivo. Del Caird.ucci amava molto l' ldilUo marem– mano e .UIIlavolta ci spiegò oon molto entuffiaStIUo l'Ode Alla Re– gina d,Italia) parlando della conversione del Carducci, della quale anc6ra si diRcuteva molto, come di una cosa ben comprensibile. BibliotecaGino Bianco·
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