Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931
Il noto ououzzolo 423 rientrava nella geometria della prima linea, era il tale posto avan - zato soggetto alla dis~iplina di tutti i posti avanzati. Il nemico or– mai non avrebbe più attaccato. L'avventura si spegneva in me. Mi piombò addosso un gran sonno, e una gran fame. Poco dopo arrivò un plotone a darci il cambio. Mostrai al col· lega con un certo orgoglio, nella prima luce, le buche munite, coro– nate di sacchetti; avevo occupato un dosso esposto a triplice offesa, consegnavo ai successori quasi una fortezza. Questo non gli impedì di perderla più tardi. Ma noi s'era già su un'altra fronte, e si pen– sava ad altro. Date le consegne, raggiunsi i miei uomini ai piedi del cucuzzolo. E in testa a loro, ciarloni, scendendo lieve e spavaldo per la mu– lattiera, mi avviai all'accantonamento. Fucilate si riaccendevano qua e là, nel vallone, sul cucuzzolo. Ma noi avevamo finito la nostra battaglia, e tutto ciò non ci interessava. Ritrovandomi poche ore dopo con Campari, imparai parecchie cose. I nomi dei compagni morti e feriti, con qualche correzione alle notizie porta.te sul cucuzzolo dal sergente maggiore. L'esito dell'azione. Lo sgomento suscitato da tutta quella sfilata di feriti miei ad azione non ancora iniziata. - A proposito, - chiesi, - ma l'azione delle fanterie non do– veva cominciare un'ora prima ? Campari era informato bene, perché aveva parlato a questo pro– posito col mio maggiore. Il maggiore, non part~cipando il nostro battaglione all'azione che con qualche plotone, si trovava all'alba al · comando della divisione ; e aveva sentito che li per li avevano deciso di prolungare d'un'ora la preparazione dell'artiglieria. Il maggiore era saltato su emozionato : - Ma il mio sottotenente-al noto cucuzzolo non potrà esserne av- vertito e si scoprirà troppo presto ! - Caro e buon maggiore, che ci amava tutti come figlioli ;· gli arrivò addosso la doccia fredda da parte del pezzo più grosso pre– sente: - Pazienza. Sottotenenti ce n'è tanti. Quindi nessuno si meravigliò quando verso sera arrivò giù la notizia che io ero morto. I miei colleghi poterono per qualche ora compiangere il mio sacrificio ed esaltare le mie virtù militari. - E la mia. cena ? - m'informai. Della cena era avvenuto questo. Mi fu mandata regolarmente prima di sera; ma quando il soldato comandato con la sporta si trovò a passare dal plotone di Bovolacci, questi lo fermò: - Il tenente Monelli è morto, dai a me la sua cena. PAOLO MONELLI. Biblioteca Gino Bianco
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