Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931
422 P. Monelli Ebbi quella sera la prima rivelazione di quelle interpretazioni iperboliche dei fatti della guerra, di cui avrei fatto più tardi tanta esperienza. Sorrisi compiaciuto, come se le cose fossero davvero andate così; e il sergente ascoltava con l'aria di sapere benissimo che era proprio vero tutto. Ma ero sereno, e non sentivo più la fame. Non pensai affatto a chiedere ai sopravvenuti se avessero da mangiare. Tutta la notte la vigilai seduto contro il tronco dell'alberello, seguendo con gli occhi il corso lentissimo della luna nel cielo. Le battevano. il passo a intervalli regolari i colpi delle nostre artiglierie. Il bosco bruli– cava di sussurri, di brusii, di fruscii; il nemico ci avvolgeva in un~ 1·ete di pattuglie e di posti d'ascolto di cui le maglie mi pareva m1 pesassero addosso sensibilmente. Attendevo l'attacco con impa– zienza, ma, con pacatezza ormai. Ero sicuro dei miei uomini (pen - savo ad essi quasi con rimorso per aver dubitato di loro, o che_ paresse dubitarne quel sollievo improvviso all'arrivo dei giovanotti del Feltre); i quali giacevano immobili, o per vincere il freddo della notte facevano più profonde e più ampie le buche. E le vedette sa– pevo che facevano buona guardia, pur senza sparare una fucilata. Il sergente del Feltre s'era messo accanto a me; aveva un odore aspro di lana grassa, di tabià, di stalla, che teneva compagnia e dava confidenza. Da borghese doveva èssere pastore, o spaccapietre, o contrabbandiere, avere un mestiere da leggere le ore nel cielo e distinguere la voce del vento da quella degli uomini ostili. Venne più tardi anche il mio sergente a sedersi accanto a noi. Nessuno di noi parlava. Eppure avevamo gli stessi inerti pensieri, la stessa tranquilla preoccupazione; io c6lto, essi semplici e primitivi, acco-: munati dalla situazipne che ci rifaceva padroni di antichissimi istinti, di abilità selvatiche smarrite nel seguirsi delle generazioni. Gente all'agguato, circondata dall'agguato; difese primordiali} sensi acuiti, astuzie da una parte e dall'altra per far danno, per uccidere, contendendo per poca terra. Il resto del mondo era vano e perduto, e annebbiate nella memoria le cose che ci erano state care ed intime. Fu un'assorta lunghissima notte; ma la ricordo come un attimo solo. Verso l'alba vennero i portaferiti a prendere i morti; e un sol– dato del genio portò la cassettina del telefono. Rientrai d'un colpo nell'altra vita; la restante linea, la retrovia ci riassorbivano. Mi accorsi di aver perduta una felicità di cui non mi ero reso conto vivendola: la solitudine dell'isolato allo sbaraglio, senz'altri ordini che quelli dedotti da un incarico generico, senz'altre regole che quelle dettate dai sensi e dall'intuizione. Ora c'era la cassettina gorgogliante; alle prime fucilate mi,avrebbero chiamato per doman– darmi che cosa succedeva. Il cucuzzolo non era più la sfida al ne– mico, una spina nélla sua carne, un sasso tenuto a suo dispetto; BibliotecaGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy