Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931

414 P. Monelli Si tirò giù i pantaloni e le mutande, scoperse sulla coscia un solco pieno di sangue; uno striscio. Mi misi a ridere. - Non basta, caro mio. - Gò paura anca mi. - .Stette lì un po' a esaminarsi il graffio, dopo avervi strizzato sopra la :fialetta di tintura di jodio, con una faccia mortificata. .Si tirò su i pantaloni, se li ria:ffibbiò stando seduto, riprese il fucile. Era ùno del Bassano ve~uto da poco alla compagnia, insieme con altri complementi, veneti del sesto, uno più bravo dell'altro, ma disgraziati. In un'azione, se c'erano perdite, i primi eran loro. Aveva un sorriso umile e una faccia tonda e pa– tita. Morì il giugno appresso, a ,Scurelle. Mi arrivarono altri tre o quattro feriti; tutti, chi più chi meno, in grado di andarsene da soli. Ordinai a Zaiiella di accompagnarli. Non aveva voluto scendere prima, ma adesso s'era messo a tre– mar forte e la fronte gli si copriva di goccioline. Poi due uomini mi portarono un ferito grave, una striscia sanguigna da una parte della testa. Mi parve più di là che di qui:!,.Uno dei due che l'avevan trascinato lì si fermò a guardarselo un poco, poi disse: - Corajo, Bepo, - e tornò al suo posto. L'altro mi disse: - Go da portarlo zo mi, sior tenente ? Era il vecchio caporale Prade, classe 1876, baffi rognosi e grigi, un'aria disorientàta. Povero diavolo, quarant'.anni sonati e in que– ste péste. Dissi: - No, tu hai la tua squadra. - E al ferito: - Aspetta un poco. - Ma il ferito non doveva capir più. niente; ge– meva con un curioso :fischio, un lamento acuto e sfiatato che non mutò di tono nemmeno mentre fo fasciavo. Mi venne in mente Bogno; e un imperativo della' coscienza, di mandarlo giù ad accompagnare il ferito. E subito mi vien davanti carponi un soldato che mi dice con una strana aria pazza : - Bogno l'è morto. · - Bè, sei morto tu, forse? Torna dovi'eri, -:- feci con rabbia; e il mio cipiglio spianò come per incanto la faccia del soldato. Prese un'aria estatica, e strisciò via. Cominciai a preoccuparmi dei fatti miei. Se continuava così anc6ra un poco, addio ,bel terzo plotone della 265. Ma forse sareb– bero venuti fra breve all'attacco. Avevo già, in.andato via parecchi feriti, avevo un morto e un ferito grave. La nostra artiglieria con– tinuava a sparare in barba a tutti gli ordini d'operazione. Nel trin– cerone, - mi trascinai un po' fuori per guardar sotto, - non c'era segno che ci fossero arrivati i nostri. Il sergente mi venne a dire che c' eran nemici sotto alla nostra destra e che faceva spostare mezza squadra perchè non ci arrivassero alle spalle. Una mitragliatrice entrò in azione dal fondo del bosco a destra, ed ebbi subito un colpito. BibliotecaGino Bianco

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