Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931

Il noto ciwitzzolo 413 Chiamai il sergente. - Conz, che ora fa Lei ? - Le sette e dieci; ho preso l'ora ieri al comando. - Anch'io faccio le sette e dieci; cos'è 'sta storia? Alle sette in punto doveva cominciare l'attacco laggiù. Mi colse un improvviso terrore; d'essermi scoperto troppo pre– sto, di avere capito male gli ordini, di avere compromesso l'azione. Eppure l'ordine diceva chiaro : alle sette l'artiglieria sospenderà il fuoco e le truppe passeranno all'attacco. Ma! Ecco frulla– rono le prime pallottole di fucile ; chiare, precise, con l'indirizzo : per quei trenta fessi che si sono rivelati, là sul cucuzzolo. I sibili diventarm10 frequenti, furono presto una grandinata che picchiava nei rami, li ·potava come un giardiniere impazzito, infuriava da ogni direzione. Anche la trinceretta davanti a noi, che era parsa deserta fino allora, si coronò di spari. Ma i più dei colpi venivano da posizioni più aite, le pallottole si spezzavano sulla roccia, dove , trovavan molle s'interravano schizzando da tutte le parti. Eravamo il bersaglio di tutti i posti nemici, dal ciglio del monte lassù, dal costone a sinistra, dalla montagna davanti; non dovevano vedere gran che di noi, ma tiravan dentro alla disperata, col sollievo di avere finalmente qualcuno con cui rifarsi dell'artiglieria, questi impudenti che si erano denunciati con le raffiche a comando sulle loro linee. Fortuna che il bosco ci proteggeva abbastanza alla vista. Mi me– ravigliavo solo che non arrivassero ancora slvrapnels ; ma poi capii che, cosi addosso alla loro parete come eravamo, stavamo defilati a tutte le batterie nemiche che si accontentavano, ormai me n'ero ac– corto, di battere il fondo valle laggiù. Cominciò a venirmi vicino qualche soldato ferito. ·uno grande, pallido, con un bel buco nel braccio; ma nella ciccia. Sorrideva e tremava insieme; specie sotto qualche fascio di sibili che ci rasen– tava, e scrosciava sulla roccia. - 'Me manda zo, sior tenente? - chiese con una certa fretta. Lo fasciai col suo pacchetto di medi– cazione, e gli dissi di filare. Mi salutò come se partisse per la li– cenza. - Grassie, arrivedersi e sani, sior tenente. Poi mi bucarono Zanella, l'attendente. Nella spalla. Mentre lo fasciavo, una ventata di pallottole investi l'alberello a cui mi ap– poggiavo, il tronco si piegò tutto come sotto uno squasso di burra– sca, cadde giù una pioggia di ramicelli troncati. - Chel staga atento, sior tenente, che le riva da tute le bande, - badava a dirmi Zanella. Uno disteso poco discosto da me, sparando attento e raro, saltò su a un tratto come morso da un topo. - I m'à becà. BibliotecaGino Bianco

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