Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931
412 P. Monelli e dai rami ; e raccomandai di non farsi vedere, ché forse non s'erano accorti di noi. Trovammo un tascapane austriaco, un pezzo di pa– gnotta ancor fresca, una coperta, alcuni caricatori lucidi; il sommo doveva essere stato occupato fino a poco prima, forse i nemici si erano ritirati in fretta sentendoci venir su. Meglio così. In questo caso però non capivo perché non ci tirassero dalla trincea di fronte. Ma pareva deserta. Pensai di mandare a vedere; ma avevo un altro còmpito, e troppo pochi uomini da arrischiare. Del mio còmpito mi preoccupai subito. Continuava intenso, re– golare, il bombardamento dei nostri pezzi; scoppi secchi e gai tem - pestavano di nuvolette lo sprone boscoso oltre il vallone che s'inca– vava a occidente, alla nostra sinistra. Lo sprone terminava in una cimetta aguzza e di bosco più rado, che cadeva sulla valle laggiù: la quota 632. Per guardare la quota, bisognava quasi far fronte alla direzione da cui eravamo venuti : eravamo proprio alle spalle del nemico. Il vallone era tagliato da una grande trincea che do– minavamo un po' di sbieco, a perpendicolo. Ne vedevamo bene la scarpa anteriore ; il fondo era anc6ra oscuro, e appariva masche– rato qua e là da rami che si protendevano dalla scarpa più a monte. Ci doveva essere gente dentro ; vidi alcuni dei miei accennarsi un bersaglio e preparare il fucile. Scorsi anch'io qualcosa laggiù; ma feci segno che non si movessero. Fino che durava l'azione della nostra artiglieria non dovevo agire ; e la preparazione dell' artiglie– ria doveva cessare alle sette in punto. Distesi due squadre in modo da dominare il trincerone; misi le altre a nord e a oriente in protezione. Attesi. Quando la lancetta dei minuti all'orologio da polso mi segnò· 1e sette precise, una salva d'artiglieria orlò di fumo tutto l'orlo opposto del vallone; parve il punto fermo all'azione dei cannoni. Attesi un minuto. .Silenzio enorme. Allora ordi:Qai alle due squadre fuoco a comando sul trin– cerone. Vedemmo come p_erincanto popolarsi il fossato di omarini chè sbucavano dal suolo e dalle fratte, e parvero un formicolaio im– pazzito. Li vedemmo fuggire e scomparire da tutte le parti nel bo– sco, inseguiti dalle nostre raffiche gaie; qualcuno rimase immobile, gH altri dileguarono in breve; dopo pochi minuti il trincerone era vuoto e abbandonato. I miei uomini erano allegri, commentavano ridendo l'effetto delle fucilate. _ . Il mio còmpito è finito fin troppo bene, - pensai. E mi resi conto a un tratto che l'artiglieria nostra, altro che cessare il fuoco, sparava con maggiore violenza, tutte salve di batteria ormai ; e: aveva ripreso subito; ma solo ora la mia coscienza, distratta dal– l'eccitazione del nostro lavoro, registrava i colpi che avevano con– tinuato a rintronarn;ii nelle orecchie per tutto il tempo. Azione di fucileria, invece, niente. BibliotecaGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy