Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931
Il noto cucuzzolo 411 Ormai la massa boscosa del cucuzzolo era raggiunta. Guardai da oriente; una luminosità come quella della via lattea s'allargava dietro ai monti bassi che chiudevano la valle. La luna, nascosta dal crinale, doveva essere presso al tramonto. Il bosco era un ceduo fitto : robinie, faggi, ròveri, nocciòli, arbusti. iMi portai alla testa della squadra di Ferracin, e la feci distendere a sinistra ; le altre tre, a mano a mano che serravan sotto, a destra, cioè ad oriente. Uomini a terra; non far rumore, non addormentarsi; aspettare il mio segnale. Dopo un po' di fruscio fra gli sterpi i corpi rimasero immobili. Mi gettai giù anch'io. Il silenzio era enorme.· Nessun uccello annun– ciava l'alba vicina. Il freddo vivo penetrava sotto la giubba e il farsetto nuovo, ricevuto col pacco di ieri, e già inaugurato. Pensai che figura avrebbe fatto, macchiato di sangue. Ma era un pensiero distaccato da me, a cui non reagivo. Mi tornò in mente una frase che un mio amico mi diceva sempre quando aspettavamo la chia– mata alle armi, e che mi aveva ripetuto quest'anno incontrandoci in licenza: « Caro Paolino, ti vedrò morto duro sul campo di batta– glia, e verrò a riempire la penna stilografica col tuo sangue>>. Ecco, pensavo con placida invidia, lui in guerra non ci muore di sicuro, ci ride troppo sopra. Quanto a me, non sapevo bene : quando ero a brutti passi, mi pareva di traversare in punta di piedi un terreno minato, trattenendo il :fiato per non sentir la, mia vita. Una scarriolata corse per il cielo che parve strapparsi come la stoffa che il venditore fende con le forbici aperte; e uno scoppio largo e cordiale ruppe il silenzio e inaugurò il giorno di battaglia. La prima luce ci sorprese come a tradimento. M'alzai in piedi, e vidi levarsi d'un colpo tutti i miei uomini come non avessero fatto altro fino allora che tenermi gli occhi addosso, ed attendere quel segnale. Si cominciò a salire verso la cima; prima lenti e cauti, poi più in fretta, quasi per una gara, come avvertiti da un senso mi– sterioso che lassù non c'era più nessuno. Più volte accennai agli uomini che si allargassero a destra e a sinistra, che facessero più ampio l'accerchiamento. Ma sentivo anch'io che era inutile. Sotto il ciglio, chi arrivava si buttava a terra. Ma ero impa– ziente; accennai agli uomini anc6ra in piedi, mi rialzai subito anch'io. Avevo proibito agli uomini di urlare, appunto prevedendo il caso che sulla cima non ci fosse nessuno. Vidi alcuni scomparir su, e nessun :rumore mi giunse; segno che il famigerato cucuzzolo era sgombro. Corsi su anch'io. Il cucuzzolo era una testona bo– scosa, fitta, che scendeva più o meno erta da ogni parte; un piccolo colle nudo la separava dalla parete grigia che balenava davanti a noi fra i rami, orlata a circa cento metri da una trincea con qualche gabbione davanti. Feci distendere gli uomini tutt'attorno, protetti dagli arbusti BibliotecaGino Bianco
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