Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931

Il not.o cucuzzolo 409 Oampari mi aveva preparato il caffè, e mi mise davanti il pacco dei grissini salati. Aveva la stessa aria seccata della sera prima. Non scambiammo che poche parole di servizio. Venne il sergente. - Pronto il plotone ? - Siorsi. Trentuno presenti. Bogno è malato, ma non marca visita e dice che viene lo stesso. - E allora perché me lo viene a dire? - risposi irritato. - Se è malato davvero, stia a casa. Non voglio cerotti. Se è fiacca, gliela faccia fuori Lei. Il plotone era fuori, nel buio. Lo indovinavo più che vederlo, da un odore di stalla e di coperte di lana, da un borbottìo continuo. Capii, da qualche parola che m'arrivò, che i soldati sapevano già di che cosa si trattava. ' - Andemo a incolarse come un bolo. - Silenzio. Spiegai ai soldati il nostro còmpito. Dovevamo occupare quel famoso cucuzzolo che sorgeva proprio davanti alla parete preci– pitosa della montagna nemica, mentre la nostra artiglieria avrebbe battuto le altre posizioni ; e noi di lassù, potendo far fuoco alle spalle del nemico disteso nel vallone di sinistra, avremmo aiu– tata l'avanzata delle truppe operanti contro quota 632. Il cucuz– zolo era famoso perché le pattuglie ci avevan lasciato più morti che in tutte le altre azioni per la valle . .Si parlava di mitragliatrici in– terrate, di trabocchetti, di caverne misteriose. Per i comandi, esso era « il noto cucuzzolo >>. - Boconsin da re. - ·Silenzio. Il commento mi fece tornare a mente le parole del maggiore la sera prima, dandomi l'ordine d'operazione. - Ho un bocconcino per Lei. Lei domattina mi va a prendere il noto cucuzzolo. - E nemmeno lui mi guardò negli occhi per tutto il tempo che dura– rono le istruzioni ; ma nelle pause giocherellava con una delle punte della barba grigia, ci teneva sopra lo sguardo; e finito di parlare se la ficcò in bocca e girò sui tacchi. - Vada pure. - Silenzio. Dov'è la guida? - Son qua, sior tenente. - Avanti, allora. Era un soldato del battaglione Feltre, che doveva guidarci fino a un piccolo posto del suo battaglione. -Mi misi dietro a lui. La notte era scura, sebbene fosse tempo di luna. iMa doveva essere nuvolo, e c'era un po' di nebbia impigliata fra gli alberi, che alitava un freddo umido sul viso. La salita era forte, e mozzava il fiato così ancora impigrito dal sonno. Ogni tanto la guida diceva: - Aten– sion qua. - Un muretto da scavalcare, o residui di filo spinato, o BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy