Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931

396 L. Ginzburg del marito. Infatti, in una lettera del 9 novembre 1856 al fratello Michail, egli scriveva 1 ) : Le crisi poi non mi lascla,no. Sembrano scomparire per un po', e poi vengono. Ogni volta, dopo di esse, mi smarrisco, sento che a causa di esse perdo la memoria e le mie facoltà. La melanconia e uno stato di umiliazione morale : ecco le conseguenze delle mie crisi. , E in una lettera del 23 febbraio 1857, alla sorella Varvara, che è la prima ch'egli abbia scritto dopo il matrimonio, il triste caso occorsogli in viaggio è narrato come « quella crisi, che ho sempre e di cui ti ho scritto)) 2 ). Il Dostojevskij non era .sicuro che si trat– tasse di epilessia, ma non per questo si può dire che nascondesse le sue crisi, ché, anzi, per tutta la vita ebbe l'abitudine di spiegare compiacentemente fra parentesi che si trattava di mal caduco, ogni volta che scriveva a qualcuno lamentandosi d'esser stato malato. Sicché è da presumere che iMarja Dmitrievna si « spaventasse mor– talmente)) perché vedeva quel primo viaggio, ch'era in fondo il loro viaggio di nozze, interrotto da una malattia tremenda, alle cui crisi forse non aveva mai assistito. Ma, ferma restando la pos– sibilità che fin da quel momento ella si fosse pentita di questo matrimonio, non bisogna accontentarsi delle notizie che darebbero a lei la responsabilità d'una vita coniugale disgraziata: anche l'at– teggiamento del Dostojevskij va attentamente preso in esame, tanto più che queste ricerche si fanno non per vana curiosità di pettego– lezzo, sibbene per desiderio di conoscere sempre meglio tutti gli aspetti della personalità morale del Dostojevskij. Ebbene, leggendo le sue lettere scritte subito dopo il matrimonio, non troviamo più i ditirambi a Marja Dmitrievna, ch'erano il tema obbligato in quelle di pochi mesi avanti. Al fratello, nella lettera già citata del 9 mar– zo, ne fa anc6ra un piccolo ritratto morale, veritiero e gentile a un tempo 3 ): È un essere buo~o e del.i.cato, un po' subitaneo, veloce, fortemente impressionabile; la vita passata ha lasciato delle impronte morbose sul– l'anima sua. I suoi passaggi da un'impressione all'altra sono subitanei fino all'impossibile, ma ella non cessa, mai d'esser buoiJ13, e nobile. La amo molto, lei ama me e finora tutto va bene. Invece al Vranghel, al confidente del suo folle amore, non trova nulla da dire sulla sua felicità coniugale, pur consigliandogli di lasciare per sempre un'amica infedele e civetta, e di accasarsi· anzi era come se con questo matrimonio, che pure il Vranghel i>iù di 1) Pisma, II, cit. : append., n. 7 (84), p, 571. 2 ) Pisma, I, cit., n. 92, p. 213. 3 ) Pisma, II, cit., n. 11 (93) cit., p. 580. BibliotecaGino Bianco

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