Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931

Contributo alla celebrazione di Dostojevskij 391 leggendo questa lista, perché chiedo quasi per una somma di 100 rubli d'argento, - allora ridi e dimmi di no. Ma se capirai tutto il mio desi– derio di farle questo regalo e che io non mi son trattenuto (l te ne ho scritto, allora non riderai di rne, ma mi scuserai. Non era, questa, l'unica richiesta di quei mesi che si riferisse a Marja Dmitrievna. Ella aveva un figlio di ott'anni, Pasa, che dopo la morte anc6ra recente del primo marito era tutto a carico di lei : ora sperava di farlo entrare nel Corpo dei Paggi di Pavlovsk, dove avrebbe ricevuto una buona educazione a spese del governo; ma, perché non fosse abbandonato a se stesso, così lontano dalla madre che rimaneva in Siberia, sarebbe stato bene che la domenica fre– quentasse la casa cli Michail Dostojevskij, a Pietroburgo 1 ): E quando ella mi promise che sarebbe diventata mia, moglie, io le confermai che mi sarei rivolto ai mi(li parenti per suo figlio, e in caso ch'ella riuscisse a farlo entrare nel Corpo di Pavlovsk (cosa che farà anche da sola, senza affaticare con richieste nessuno), i miei parenti, in certo qual modo già come p,arenti anche di -suo figlio, avrebbero per lui un interessamento ,più caldo, più familiare. Questo lti feoo molto piacere. Era, cosi malinconica, poverina. Ti dirò, mio -caro, che speravo davvero fortemente su di t(l. Ohe 1Ji costerebbe in verità prenderlo a, casa tua qualche volta la domenica? Non ti deruberebbe mica, povero orfanello. E per quest'orfanello Iddio ti ricompenserà largamente. Inoltre, un tempo tuo fratello, che era in esilio, nella sventura, abbandonato ip. capo al mondo, lasciato da tutti, il padre e la madre di questo bambino lo ricevettero in casa loro come un fratello, gli davano da mangiare, da bere, lo trattavano affettuosamente, e resero più felice la sua sorte. Perfino le parole della lettera a Marja Dmitrievna, in cui sa– rebbe stata pro:fferta quest'amichevole sorveglianza sul bambino, egli volle suggerire al fratello, perché il tono fosse proprio quello, caloroso senza sdolcinature. Del resto, gliel'aveva spiegato subito fin dalla prima volta, in una lunga lettera del 13 gennaio 1856, che cosa rappresentasse quella donna per lui, quali fossero i ricordi e le speranze che lo legavano a lei indissolubilmente 2 ) : Devi sapere, àmfoo mio, che, uscendo dalla mia triste galera, arrivai ,qui pieno di felicità e di speranza. Sembravo un malato che comincia a gmu·ire dopo una lunga malattia, ed essendo stato vicino alla morte, sente anc6ra più fortemente il piacere di vivere e i primi giorni di gua– rigione. Speranza ne avevo molta. Volevo vivere. Che dirti ? Non mi 1) Pisrna, II, cit.: append., n. 6 (77), lettera del 24 marzo 1856, p. 567. 2) Pisma, II, cit. : Rppend., n. 5 (74), pp. 559-561. BibliotecaGino Bianco

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