Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931
480 A. Gatti - Chi è? - Non riusciva, ad aprir gli occhi dalla gran stanchezza. - Che c'è? - Sospirava, si lamentava piano; era ma,Ia,to, e sentiva, la malattia nel riposo. Ma doveva alzarsi. - Vengo, vengo. Cominciava, la sfilata: chi portava una, cosa,, chi ne chi~deva un'al– tra,· e il padre un po' si rallegrava, un po' compiangeva, un po' rideva, ' . . un po' ,s'arrabbiava. Nei momenti che non c'era nessuno, per una curiosa, abitudine, s'inginocchiava sul tappeto e scriveva su una .sedia. In quella positura, alzava gli occhi dal foglio che riempiva, della sua illeggibile scrittura di miope, ed esclamava: - Dimmi tu, eh, dimmi tu com!:lsi possono scrivere bei libri con tutta questa gente. Dimmelo. O belle prediche. Dimmelo. Aveva nella vo~e come un lievissimo rimpianto; ma, ad un tratto, rideva. - Mille e quattrocento ragazzi da far vivere, settemila da educare. Diciotto orfanotrofi, quarantanove asili infantili e laboratorii, venti colonie alpine, una marina. Questo è l'importante: tutto l'altro non è che vanità. Ecco otto pagine fatte .. Serbamele: le continuerò la pros– sima volta. E; adesso, dammi da mangiare. Sono le dodici. Mangiava in fretta, quel che c'era; raccoglieva le sue carte, le riponeva in una vecchia, borsa, legava il tutto con una cordicella, am– mucchiava le sue poche robe. Rimetteva in testa il cappellino, e il faccione ridiventava-la, metà; riprillava nella fascia, ma a r<>vesciodi prima, ed eccolo pronto ; guardava dal fondo degli occhiali, con gli oc~hi acuti e teneri, il ritratto della scomparsa padrona di casa, che gli era stata tanto cara, e diceva: - Ci vede, sa.i. - Hai fat_to soldi, oggi ? - gli chiedevo S'llll'uscio. Qualche volta tirava fuori dalla tasca interna della tonaca, come carta straccia, un mucchio di biglietti; quafohe volta non aveva nem– meno tanto da andare alla stazione. - Grazie a te. Giù per la scala il suo passo pesante s'affievoliva a poco a poco e la persona rimpiccioliva; diceva anc6ra, dal fondo: « a rivederci»; poi spariva. Cosi ricordo padre Giovanni Semeria, barnabita : e non riappari-rà più in terra. Mà la morte ha mostrata piena la sua grandezza : la morte, che spoglia gli uomini di tutto ciò che è secondario, e li lascia soli con i lineamenti essenziali. Padre Semeria ha avuto anche la fortuna, di 'morire nell'età in cui spesso l'uomo, dopo essersi prodigato in mille modi, ri– torna a sé, e ritrova dentro la propria originalità, dopo averla oeroota inutilmente fuorL · Era stato, nella prima giovinezza, oratore e maestro di religione famoso : le sue prediche a Roma e il suo insegnamento a Genova ave– vano richiamato popolo e scolari. Dell'oratore e del maestro aveva le doti più certe: l'intima e continua meditazione e il perseverante studio, per cui era prepa.rato a dibattere i più diversi argomenti, la facilità di sce:rnere il punto principale della questione, la certezza, ma ragio– nata, e benevola, ·delle proprie ragioni, la tendenza a dialogare con l'alilcoJtato:re il pro e il contro, il calore sempre nuovo della discussi()ne, !' . BibliotecaGino Bianco /
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