Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931

IL PADRE SEMERIA. La, primissima alba d'un giorno d'inverno: sil~nzio, freddo, oscu– rità nelle ,strade,- appena rotta, qua e là, dal lume giallo dei lampioni : e il telefono di casa trillare. I domestici sapevano già : - Padre Semeria è arrivato. Telefona dalla stazione. Pochi minuti, e un'automobile si fermava al portone. S'udiva qual– cuno salir le scale; il passo pesante e il respiro roto di mano in mano si faoovan netti : ad affacciarsi daJ.la rin ghiera, si sciorgeva, un omone nero, che girava con le scale, e a,d ogni gi.ro ingigantiva. Entrava, e l'anticamera s'empiva tutta. - Vengo da Monterosso: mia madre ti saluta. Sono partito a mezzanotte. Che freddo. Hai un po' di caffè bollente ? Si levava un cappellino che poteva essere d'un chierichetto, e il faccione capelluto, barbuto e occhialuto, libero, pareva raddoppiarsi; metteva giù il mantello e si srotolava daJla fascia, prillando su se stesso, come Rodolfo Valentino in Sangue e arena, ma adagio adagio: intorno, l'aria, smossa diventava fredda. Lasciava il mantello su una sedia, la fascia, su un'aJtra, come un bruco lascia, per via il bozzolo, e in camicione se ne andava verso la saJa da pranzo. - Sono stanco : questa mattina non potrò dir messa. Ieri ho predi– cato a Pisa, quest'oggi vado a Brescia,. Domani sarò a Bolzano, dopo– domani a Verona. Poi a Crema, poi a Moncalieri. Poi non so. Ho bisogno di. fare molte prediche. I/anno è duro. Il pane costa,, e i miei orfani hanno molto appetito. , --,--Riposa un poco. - Si, vado a dormire un'ora. Fammi svegliare alle sette e mezzo. All'una debbo ripartire. Intanto, tirami fuori i libri, nella biblioteca piocola. Vorrei questa mattina, che ho tre ore di pace, scrivere un capi– tolo del mio libro. Ho bisogno di far molti libri. Mentre dormo, tele– fona a questa gente: che venga tutta. Ho bisogno di vederne molta. Devo guadagnare sei milioni quest'anno, capisci? Me ne occorrono otto; e il governo me ne dà uno e mezzo. Cascava sul letto, fulminato dal sonno, e il suo gran corpo si sfaceva dalla fatica. Steso di traverso, lo dovevamo coprire noi: non sentiva più niente. Intanto che riposava a quel modo, da tutte le parti accorre– vano i visitatori, anche i non chiamati: parevano quegli insetti che sen– tono la luce o il cibo da lontano, con le antenne. - Padre, o padre, - diceva la cameriera, che alle otto era andata a svegliarlo. BibliotecaGino Bianco

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