Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931

La figlioccia 465 giare più solo, - disse il vecchio allç1,serva, i,ntenta a spolverare il ragazzo, a levargli il cappello bono ed a guardargli le scarpe tutte spellate i!Ilpunta e sgronciolate nei tacchi. E lo i,nterrogava, il ra– gazzo, sulla gita e lo baciava. Bra stata trepidrunte per l'ora tarda. E .adesso aveva un batticore di contentezza nel vedere il suo figliolo, lì, sano e bello, ritol'illato da quei monti, dove lei lo aveva lasciato andare a malincuore. Ma lo aveva lasciato andare per !Iloncontraddire il vecchio. Ora, la, serva, nemmeno s' ~orgeva della presenza del vecchio e stava lì i,ntoooo al suo figliolo, con una oontentezza come se lo avesse perso e .ritrovato. In salotto, c'era la tavola apparecchiata, per il solo padrone, come sempre, e quel piatto messo da un lato della tavola, ora, al vecchio, dava un'impressione dolorosa. Eppure, per tanti anni, non se n'era accorto. E adesso vedeva come uno sgomento quel piatto solo. Provò a mettersi a sedere e si rialzò: - Apparecchia anche per te e il bimbo. - Si, lo farò, - disse la serva. E voleva dire in CUCÌ/Ila, dove sempre. Ma il vecchio, che non la vedeva sollecita, insistette: - Qui, a questo tavolo. Non voglio stare più solo. La serva esitò per un poco, ma poi corse a prendere i piatti per lei e per il suo bimbo. E pensava tra sé: - Gli ubriachi è meglio non contradirli. - Mise il bimbo a ta– vola, di faccia al vecchio. E, lei, prese posto da un lato della tavola bislunga. - Oome è difficile essere ca,piti, :nel mondo, - diceva il vecchio. - Tu mi gua,rdi come se io fossi un ubriaco da obbedire, e invece sono digiuno da stamani. Mi potrei anche comunicare, se ne avessi l'abitudine. Te ne ricordi quando ti chiamavano «Belloccia>> e rac– coglievi le ulive ? - Me 1I1e ricordo, sì. ... Ma che dite, Padrone, stasera? - Dico che se ti avessi sposata, allora, questo bimbo sarebbe mio. Ho sbagliato tutto nella mia vita. Non ti ho voluta qurundo eri bella e giovillle. Ti prenderò adesso, vedova : sarai la mia « Belloc– cia», lo stesso. Perché anch'io non sono quello che ero allora. La Belloccia un po' era commossa e un po' dubitava, ed il vec- chio, vedendola eosi incerta, diceva: - Ma, dunque, non sei cootenta? - Si.. .. Sì, sono contenta .... per il mio bimbo. - E per te, IIlO ? - Anche per me sono contenta .... Ma lo diceva, in un modo, che tradiva la sua incredulità. - Queste donllle, - disse il vecchio, - SOIIlO tutte le stesse : si :·n. - Pèo·.•o. BibliotecaGino Bianco

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