Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931

La poesia di Biagio Marin 457 Grado si presta vocalmente in modo mirabile, e il ,Marin non gli domanda cosa che già non abbia da esso. Non può farne, si ca:pisce, una lingua ricca di complessi descrittivi, né una lingua filosofica : quando a ciò si attenta, ha i suoi versi forzati anche lui, con qual– che vocabolo che vi si trapianta dal volgare illustre e luccica falso e freddo, o con qualche strofa pesante e predicante che non ha ra– gione di essere scritta in dialetto. Ma nemmeno da ciò dobbiamo venire a delimitazioni troppo stringenti. È un fatto che il poeta sa alle volte portare la sua voce a cose che presuppongono non poca elevazione spirituale, non poco spicco dell'anima, e pure ci gua– dagnano a esser dette con naturalezza e dignità nella favella po– vera e rude che gli viene dai padri. Questo si sente nelle poesie che toccano dei morti e della morte. La spiritualità del ·Marin è cristiana_ Egli ha imparato a pensare nella fede dei padri. La morte è per lui raccoglimento dello spirito nella bontà di DioJ purità che sorge dallo spegnersi di un mondo d'errore, di vanità e di illusione. Ma gli accecati dall'attaccamento alle terrene cose non riconoscono la nuova vita della morte; ne hanno disperazione e sgomento. Ecco i grandi tocchi della poesia El morto: un morto fra i tanti, cc in te la cassa un omo che sta bon »: il rito dei funerali, il brivido dei lamentatori atterriti : Da l'alto guarda serio un Cristo antico Su la genia che canta a distesa E domanda difesa Contro la morte, ' 1 so gran nemico. ccGenìa >>: la parola forte dello sdegno cristiano s'abbatte sul buon popolo di Grado. Tutti peccatori: ccduti 1 ) morti e duti soli)), anche i vivi, non diversi da colui che sta su la bara e che solo la misericordia di Dio, di ccDio grando », può salvare da quel dis– solvimento senza colore né luce. Il pensamento :filosofico cristiano si fa poesia assumendo que– sto tono profetico popolare, - e gli si addice molto bene, - nei pochi canti che traspirano tetraggine, a contrasto coi tanti che hanno uno sgorgo tenero e dionisiaco. È la nota cupa, in fondo alla gamma, su la quale si modula l'anima di Grado. I toni intermedi, non i dominanti, - come in tanta altra poesia veneta, - sono dati dalla foschìa degli orizzonti intorno al paesaggio piatto e velato, dalla mollezza sciroccale che viene dal mare_ Ne nascono talvolta brontolamento, strascicamento e sospiro; talvolta la sensazione del sogno oltre il torpore, l'allucinazione mirifica, il senso di qualche cosa di meraviglioso, - nel grigio, - che non finisce mai. La poesia 1) tutti. BibliotecaGino Bianco

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