Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931
450 G. Stuparich amc6ra che quella gioia scoppiasse, ne ero preso. Lo zio Roberto la, sopportava male in quei momenti, perché lei lo subissava; io invece ne godevo, come un pesce ross-o, quando gli si cambia l'acqua. Si alzò, perché in quello stato d'animo non poteva star ferma; batté le maflli e gridò che quel giorno voleva divertirsi a dispetto della « brutta strega>>. Figurarsi s'io ne gongolavo. Poi si rivolse al signor Sponga, gli ricordò che quello era il giorno della sua libe– ralità e invece del solito pranzetto gli propose d'offrirci una bella cena fuori di casa, oon contorno. di divertimenti. Io gridavo « sì, sì>>, m9lto eccitato e con urna traboccarnte gratitudirne per la zia Nene, che stava per mantenere la sua promessa in un modo im– pensato e straiordinario. Il signor Sponga arnnuì felice; la zia Nerne l'avrebbe condotto docile e s-orridente anche all'inferno. Lo zio Roberto, brontolando, protestava che quella norn era giornata ·da pensare a divertirsi; ma lei gli saltò ,sulle girnocchia e, accarez– zmidolo e dicendogli che di padrone come la Zorzi ne avrebbe tro– vate quante ne voleva e che run.ziera felice di'essersi liberata da lei, ma~"Jdavabaci con 1e purnte delle dita al sigmor Sponga. Io ero tal– mente inondato dalla sua luce che non m'importava se ·quella luce non era proprio diretta su di me. Pendevo dalle sue labbra e sus– sultavo a ogni cambiamento di tono della sua voce. Ella m'apriva un mondo di felicità, col corncretare il programma della festa. Fa– ceva tutto lei : proponeva, scartava, accettava. La serata sarebbe cominciata oon una bella scarrozzata in landò a Miramare; di ri– torno a Barcola, cena di pesce, - lo zio Roberto, rassegnato, s'az– zardò a dire che preferiva dei pollastri fritti, ma lei gli dette un colpetto sulla bocca e gl'impose di star zitto, - calamaretti o tri– glie e insalata c-on le uova sode; dopo cena la ,serenata in barca. A ogni purnto del programma fissato io balzavo sulla sedia e alla :fine.,al>reivoluto buttar all'aria ogni cosa dalla contentezza. fu:fine anche lei saltò giù dalle ginocchia dello zio ed io, ·ricordandomì che altre volte nella gioia l'aveva fatto com me, la invitai a fare il mu– .linello. Mi guardò stranamente, come se mi vedesse allora per la prima volta. Tuttavia accettò subito. Ci prendemmo per le mani, e, prima che ce lo potessero impedire, girammo vertiginosamente, facendo saltare le stoviglie sulla tavola e la tavola sul pavimento. Olga urlava, lo zio Roberto e il signor •Sponga cercavano di salvare pia,tti e bicchieri. · Passai quel pomeriggio fuori di me. L'attesai dell'avvenimento rumoréggiava nel mio srungue come il pazzo acc-ordo degli stru– menti in orchestra prima d'una grande sinfonia. Non potevo star fermo. M'aggiravo per il pianerottolo con un sernso di domirnio questa volta, quasi a vendicarmi dell'~miliazfone patita la mattina. Entrai più volte dalla Oatirna, ~fidando anche la grinta del sior Gigi; ainzi ébbi l'audacia di'aivvici!Rarmi al suo bainco mentre lui ci Biblioteca Gino Biancò
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