Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931
316 B. M. Bacci che del raziocinio, se nella lettera a Cecco Gioli sull'invio del Pis– sarro dice che sarà utile ,agli artisti fiorentini vedere « lo strano modo per il quale questi artisti oercano di raggiungere l'effetto)). Oltre a questo non tamto era grande la, differooza, ·dei temperamenti tra gli artisti fraincesi ed i nostri, quanto erano diversi l'ambiernte, l'atmosfera ed il rnoment,o di sviluppo. In Francia era il secolo d'oro della pittura, da noi eramo i primi co1I1atidi Ull1 ritrovamento. Ripe– tiamo queste semplici verità, sia péi troppo facili denigratori del no– stro Ottocento che hanno una « forma mentis )) postimpressionista ottocentesca, anche se si proclamano di un novecentismo ardentis– simo, sia per gli entusiasti che magnificano quel periodo come addi– rittura degno di stare a pari con le nostre epoche più fulgide. In un mod·o o nell'altro è un tradire la verità e rerndere vam.o lo sforzo dei vecchi artisti costringendolo ad apparire come un episodio iso– lato, sciolto dalla catena della tradizione peculiare all'arte italiana. L'ambiente dove operavano gli artisti toscani, era affatto opposto a quello dove operavano i francesi; mentre i toscani combattevano co1I1trola miseria, tutto, i,ntorno ai primi, li spingeva ad attuare la loro opera anche da un punto di vista pratico; e lllon parliamo del grado e della densità dell'interesse che nel mo1I1do degli intelligenti suscitava il loro lavoro, delle discussioni e delle ripercussioni a cui dava luogo. I toscani invece vivevano in un'atmosfera gretta, dove ogni sforzo e ardimento cadeva nell'i,ndifferenza se 1I1on-el ridicolo. Il dramma di questa situazione si rivela più chiaramente negli ar– tisti venuti sùbito dopo i macchiaioli, da Perroni a Cannicci. Le loro opere, che sembrano partire da un punto di vista accertato e con– clusivo, piano piamo si sfocano, perdono la, forza ed il calore, ri :fl.et – tono un mondo soffocato ed anemico, hoo1I10un che di senile e di immobile. Alla sigmora Gioli, Martelli scriveva, il giorno di Natale •. del 1878, sempre da Parigi : Sento che quasi tutti i legami C;hemi tenevano attaccato alla vita sono rotti o diventati flaccidi e cadenti e, che qualcuno che pur resta di forte è diventato fortissimo, e quando mi sento trattato in carità mi sento co_mmovere come un babbeo. Quanto alla mia.compagnia, tranne 1~ vecc~ia guardia_ sempre fedele che ho portato da ca,sa, non è delle più simpatiche. Federigo (Zandomeneghi) è un ottimo amico.... intento a fabbricarsi eterni guai come se quelli che nascono spontanei nei giardini della vita, fossero inezie ed occorresse coltivare anche le specie fore– stiere .... Poi vien Liardò, un giovane maestro di musica 'buon figliolo sul tipo del << giovane a 18 anni)) del Giusti, al quale ~on è possibil; far suo:1ar~ un~ b~ttuta di m':sica che non sia sua,. Poi Degas col quale corro risch10 di diventare amico; uomo di spirito ed artista di merito minacciato sul serio di cr.cità.... e che ha in conseguenza delle ore di umore tetro e disperato ana,loghe a.Uecircostanze. BibliotecaGino Bianco
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