Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931
310 B. M. Bacci molto tempo lo vide di rado, ma il sentimento che aveva per lui prendeva sempre più forza dalla sua natura, in fondo, sruna edl elementare. Al calore della bontà di Diego, nacque in lei un amore che poté apparirle anche senza sperrunza. Egli se:i;itì il bene, che da p-rincipfo era UJI1a simpatia edl una benevolenza, aumentare a mi– sura che le qualità che aveva intuite in lei si sviluppavano. Così comirnciò l'unione affettuosa 1'a cui intima profoilldità fu conosciuta da pochissimi. Naturalmente la signo~a Ernesta fu inflessibile nel negare il suo assenso al matrimonio, che solo molti anni -d!opodo– veva pretendere, perché le mutate com.dizioni finamziarie la -obbliga– vano ad abitare col figlio,. Diego Martelli lasciò allora Firenze e si stabilì a Rosig,nruno. Gli affari non andavano bene e così si sarebbe dedicato tutto a far prosperare e fruttare le sue terre. È ,di questo tempo, a,prile 1877, una lettera alla signora Gioli, in cui egli dice : Ritornato, come le dirà il Fattori, perfetta.mente in salute sono anche tornato di buon umore e le assicuro che non mi pesa punto questa vita, di solitario e di agricoltore. Quelli che si sognano un Diego che non esiste, forse incominciano un nuovo genere di lamentazioni sul mio destino che doveya, essere quello di un giovane brillante e non quello di un villano.... Ma io che mi sento il cervello a posto per esperienza fatta degli uomini e delle cose, che valuto quel che costa l'infeconda verbosità della mia Firenze, spero di far qualche cosa, anche qua che non sia tutta locale.... E qualche giorno dopo aggiunge : Ringrazi da parte mia Cecco per la sua lettera. Egli ha capito i.I distacco, che facevo nel venire qua, da tutte le cose dell'arte; e a questo povero servo della gleba ha avuto la carità di dar nOtizie del suo paradiso perduto. Del resto la vita di Firenze dopo il '70 aveva subìto una. stasi che sembrava fa.tale. D'aocentrarsi a Roma-di tutta la direzio:ne della vita nazionale, faceva nascere UJI1'amarezzagrande anche nell'animo dei toscani migliori ai quali, per una errata visione di ciò che doveva divenire la vita di un grande paese, pareva di sentire menomata e compressa l'importanza e, almeno nella cultura, l'egemonia della Toscana. Già nel gennaio del '76 Cannicci, dajoli, Fantacchiotti, Fattori, Uecco Gioli, Martelli, Signorini e Tancredi avevano fondato un comitato pe·rmanente decentralista che oltre ai provvedimenti per esposizioni nazionali, consigli d'arte presso il ministero ecc., aveva nel programma di opporsi a « qualunque azione governativa che tendesse ad alterare l'equilibrio fra le diverse scuole italiane)). Alla febbre di oostruire, che aveva trasforwata Firenze, dopo il '70, era subentrato una crisi acuta. I grandi lavori iniziati si portav1:vnomalameinte a fine e il più deUe volte si interrompevano BibliotecaGino Bianco
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