Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931

Diego Martelli, l'amico dei « Macchiaioli >> 305 liama, e le speranze e le risorse su cui essa poteva contare, si deve rfoonosçere come ciò fosse necessario e tempestivo. Al Caffè -Michelangelo si era persa intrunto ,quella intimità e quella coesiollle che aveva dato frutti cosi belli. C'era troppa gente sopraggiunta. A Castigliolllcello, invece, si respirava l'atmosfera del vecchio cenacolo, come la si respirava alla Piagentina, tra i grassi campi di Fonteboni, di Filal'occa e del Gignoro, tra l' Affrico e l'Arno. Nell'autunno del '62 Diego Martelli s'imbarcava a Genova per Marsiglia e di li proseguiva per Parigi dove ritrovò Degas e con Gustavo Uzielli visitò gli studi e i salotti conoscendlo letterati ed artisti da Oorot a Courbet, di cui nel Sa-lon del '63 adimira la Oac– -cia al cervo e il Riposo del mezzogiorno · in iina pianura di, Nor– mandia. Oourbet lo sc001certa per « l'assoluta mancanza di stra– nezza>>. Scriveva più tardi: « eramo i due dipinti eseguiti oon molta sincerità e larghezza .... ma ,non confermavamo la fama di eccen– trico usufruita dal loro autore>>. In quella stessa mostra e sul Bou– levar<lldes Italiens, da Ma-rtilllet dove aveva esposto quattoirdici tele, vide per la prima volta dei lav,ori di Manet e gli «parvero brutti>> -e di « un' origilllalità assolutamente ostentata>>. Conobbe Leighton, Millet, Daumier; frequentò il salotto della Malibran dove ascoltò suonare Berlfoz. Il momento politico era, interessantissimo. Prospera di antica prosperità, la Francia, nonostante le convulsioni recenti, si pre– parava ad illlsediare imperatore il principe Napoleone il cui partito era fortissimo. Per quell'Europa vecchiotta, Parigi di allora coi lumi a gas e il cancam, doveva apparire l'unico ceintro di perdi– zione; ma il samgue circolava rosso e vivo nelle vene del vecchio paese. « In Francia si vuole una confederazione italiana>>, osserva il Martelli, « per tenere il Pa,pa a' Roma. I Framcesi solllo profon– damente cattolici e religiosi>>. ToI'lllato verso la metà del '63 in Italia, ritrova la, compagnia dei suoi amici pittori. Come ho detto, la, figura del Fattori comincia so– lamoote in questi alllliliad emergere ed a mostrare la sua potenza. I -caratteri, gli animi, le inclinazi-0111i ,di Diego Martelli e di Giovanni Fattori, senza somigliarsi gr3i1Ildemente, erano fatti per armollliz– zarsi in un'amicizia cordiale. Erano ambedue profondamente buoni, ma di una bontà schiva e virile, che nel Fattori si nascondeva dietro un 'apparem.te indifferenza, rotta da rari motti vivissimi e spregiudic ati e ullla tranquilla coscienza della propria forza llla– turale e realizzatrice ; e 111elMartelli, dietro una bruscheria sardo· nica ed ostentata. Inooilto, :fiilload un certo puillto, il Fattori, ge– nialmente intuitivo, e con una gramde facilità di assimilazi-One; c6lto il Martelli, d'una cultura varia, classica e moderna. L'affetto dei due stava -per essere p•rovato quasi nel medesimo tempo da un 20. - Pi.(l~SO. Biblioteca Gino Bi~nco

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