Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931
La creta. 295 - O gente, anco il Ranca s'•è trovo la dama ! Gli uomini si fecero sulla porta di casa, avevano anc6ra il viso cattivo del sonno duro senza sogni, parlavano tra loro con pa– role e sguardi brevi e stracchi, ché ognuno conosceva le miserie · dell'altro. Nel prato dei marmisti arrivò gente da ogni parte. Montanari impietrati dal salire sempre verso il cielo uguale con i loro occhi stupiti che pare vedano tutto, facce scialbate di chi lavora nel– l'umido dei vicoli fondi, vecchi che passan la vita immobili a guar– dare la loro ombra che gira lenta col sole e dicono buona sera a mezzogiorno. Le facce sbarbate di fresco eran piene di segni che s'incrociavano misteriosamente come quelli delle mani. Tutti si sen– tivano addosso il vestito della Domenica come un travestimento, e parlavano e si muovevano diversi dal solito; solo le infermità, gli occhi guerci le bocche sdentate le gambe storpie, eran quelle di tutti i giorni e davano confidenza. Via via che arrivava gente, si metteva in :fila a ridosso del muraglione e guardava giù nell'orto; delle vecchie risecchite borbottavano :fitto gesticolando a fatica, che ogni poco le mani gli cascavano congiunte sull'appoggio della pan– cia; i giovinotti vociavallo forte contenti di dir qualcosa di diverso dalle solite cose usate. - Ha ritrovo la roba di nonno il mattarugiolo : anco la moglie gli aveva serbato! - Perdindirindio, basta esse sciabigotti per far fortuna ! - O Ranca, me la presti per San Biagio? In fondo il muraglione era rovinato, e qualcuno_ cominciò a scendere per la frana, di :fianco, a balzelloni. Ma in mezzo _alla gente si fece largo il Rosso di Fuliabe, a gomitate. Era il padrone dei marmisti, e mandava croci e angeli a tutti i cimiteri :fino a quelli giù ma' mai in riva al mare. Grosso, di nerbo doppio, cam– minava dinoccolato come se ognuno di quei muscolacci che lo gon– fiavano volesse fare il comodo suo e lo tirasse di qua e di là. Sulla collottola che gli scoppiava lucida dalla strettoia del colletto gli s'arricciolavano i capelli crespi e nuovi, che parevano quelli di un ragazzo ; nell'ombra delle sopracciglia folte gli occhi eran lesti come gli animali di siepe. In quattro salti fu nell'orto, a spintoni rimandò su per la frana quelli che eran discesi, e gridava sciò sciò come se scacciasse un branco di polli. S'insaccò a due mani la pancia n~lla fusciacca dei calzoni, serio, rimuginando tra sé e sé; poi prese il Ranca per un braccio: - Su, scia.mannato, che hai :finito di tribolare ! Lo scemo ripulì piano piano un po' di fango che macchiava una delle gambe bianche, e si lasciò strascicare per una mano: non guardava che la donna, e rimase a collo torto anche quando non la vide più. BibliotecaGino Bianco
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