Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931

Stampe dell'Ottocento : la sora Vittoria 275 inutilmente, finché giunti in prossimità della casa lo afferrò alla sprovvista: aveva nascosta dentro la blusa una melagrana bellis– sima. La sora Vittoria divenuta seria e accigliata per la prima volta, lo chiamò a sé e volle quel frutto nelle sue mani. Egli abbassò il capo a quell'autorità ed essa gli disse con fermezza: « Non si pren– dono le cose che si vedono in casa d'altri>> e aggiunse un «Ah! Ah ! >>che voleva dire chiaramente : << Ecco come si va a finire a lasciar troppo correre>>. Era nella sua voce una volontà decisa im– mutabile inamovibile. Essa giungeva fino dove era possibile e umano arrivare, ma guai a varcare'quel segno, tutta la sua dolcezza e bontà si cambiava in fermezza: ((No, no, no;n sta bene>>. Non so perché, ma io che non avrei certo osato di prendere la melagrana ero in fondo contento che quello l'avesse presa, e non mi sentii mai così solidale con lui come quella volta, pure sapendo che aveva fatto male, malissimo; ma quella scena familiare della si– gnora Bracali che era andata a finire coi canti della Traviata e il furto della melagrana mi pareva una cosa tanto carina, nonostante il giusto rammarico della sora Vittoria. Entrati in casa chiamò una donna di servizio e le disse: << Tieni, portala subito dalla signora Bracali, dille che scusi tanto, ma senza che nessuno se ne sia accorto uno dei bambini ha colto una mela– grana e l'ha portata via>>. Mia madre avrebbe preferito si specificasse quale dei due era il colpevole, ma norì fiatò. Dopo tre quarti d'ora la donna ritornò portando due melegrane che la signora Bracali ci mandava a regalare. Si guardarono a colpo l'amica e mia madre senza dir nulla: << Devono esserle uscite dagli occhi sicuramente>>. E durante la stagione quante feste! Il Corpus Domini : si andava a Giogoli a vedere la proces– sione, con la Cesira, la contadina ancora ragazza, che portava il candeliere. E poi l'Assunta, coi fuochi d'artifizio sulla piazza di Scandicci. Quella sera non rimanevano a casa che la sora Vittoria, la sora Vir– ginia e la Rosa. Sedute sull'aia, nell'aria ferma e calda, quasi afosa, le tre vecchie, come la saggezza, parevano vigilare simbolica– mente la porta della casa per la felicità di quelli che erano partiti e si davano buon tempo. Parlavano rado e -sommesso, quasi ascol– tando il lontano tumulto della festa paesana, di cui venivano loro rovesciati addosso tutti i particolari col ritorno della famiglia. In quell'occasiçne si davano i soldi alle donne di servizio e alle contadine perché prendessero insieme il gelato al caffè del paese durante lo spettacolo pirotecnico; e ritornando una sera ridevano come matte per essere rimaste sedute più di un'ora al caffè senza ibliotecaGino Bianco ,

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