Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931
Stampe dell'Ottocento : la sora Vittoria 273 chiudeva gli occhi e colle labbra unite aspirava aria rumorosa– mente come per ritirarla su in fretta dopo averla pronunziata per non lasciarla cadere in balìa del volgo. La maestra, bravissima, era la stessa che aveva insegnato ai :figliuoli di « sua eccellenza il Principe pffff .... )) (si prega di tirar su in fretta), ma da quelli pren– deva quindici lire al mese, da loro invece dodici solamente, per amicizia, si capisce, ma non si doveva dire. Giuseppina faceva i suoi studi con molta diligenza e profitto, e a titolo di premio la signo– rina le aveva fatto imparare un pezzettino divertente, per distrarla dalla monotonia degli esercizi. Presto avrebbe studiato la Pre– ghiera d'ima vergine, per la quale le dita non avevano raggiunto l'agilità indispensabile, tutto per via degli arpeggi di cui quel pezzo si componeva; dopo, la Preghiera delia Madonna, cosa diffi– cilissima e di una bellezza sorprendente; quindi quella del M. osè di Gioacchino Rossini, pezzo classico addirittura. Ma intanto, a titolo d'incoraggiamento e premio, le aveva fatto imparare un pezzettino facile e breve, un pezzettino .... « Non è vero, Giuseppina?)). Pareva che la signora Bracali si peritasse nel nominarlo: « Già .... vera– mente è un brindisi, sì, quello della Traviata mi pare .... )). « La Traviata! La Traviata!)), gridarono in coro l'amica e mia madre come scuotendosi dalla sonnolenza e sfolgorando gli occhi. «Bella! Bella! La più bell'opera di Verdi. Sentimentale, appassio– nata, da scoppiare il cuore! Che cuore! Che passione!)). Questa parola fu come se il vento spalancando una finestra avesse gettato un soffio d'aria fresca in quell'atmosfera mefitica: «Vai, Giuseppina, vai, devi far l'abitudine a suonare davanti alle persone, vai, non lasciarti pPegare, non sta bene)). La figlia si era alzata inerte e non decisa verso il pianoforte: « Vai tieni, ecco .... )), e tolta dal mazzo la, piccola chiave la porse a Giuseppina che vi si avvicinò con grande timore. La madre dette il segno : « Ecco; suona, brava, avanti)); e la fanciulla annichilita, quasi impaurita dai suoni che producevano le sue mani al contatto del mostro, col suo tirintfo Un, strimpellò il famoso brindisi così lemme che invece di sciampagna pareva ci fosse l'olio di ricino nel bicchiere. Mia madre e l'amica, incalza– vano il tempo colle mani, coi piedi e colla testa, per far comprendere che ci voleva anima, forza, vigore, gaiezza, ed accennando a fior di labbro le parole: « Libiam ne' dolci fremiti che siiscita l'amore .... tutto è follia nel mondo ciò che non è vol·uttà )) alle quali la signora Bracali rizzò'il capo insospettita. Non appena Giuseppina ebbe finito di suonare e richiuso il pianoforte riconsegnando la chiave alla im– pettita genitrice, il discorso rimase su quella musica ,Hviua. di cui erasi ascoltato un campione tanto mai illanguidito.« La Traviata!)), ripetevano a vicenda mia madre e l'amica. « Già già, sì sì)), incal– zava la signora Bracali alla quale quel nome non andava giù. «Sì)) diceva mia madre « è la storia di una cocotte, una cocotte parigina 18. - Pèoaso. BibliotecaGino Bianco
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