Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931

Stampe dell'Ottocento : la sora Vittoria 271 in segno di diniego interveniva alzando appena l'indice nel grembo senza levar la mano e confermando con la testa: no, quello non si era mai sentito dire e non doveva esserle addebitato. Verso la fine della stagione, quando i me:çiggi divenivano di una caldura dolce, si faceva una visita di etichetta ad una villa distante due chilometri buoni dalla nostra, posseduta dal cavalier Bracali, ragioniere e maestro di casa in una famiglia principesca. Egli vi abitava durante l'estate colla moglie e sei :figliuoli. Il ragionier Bracali si vedeva passare ogni sera sopra un calesse guidato dal contadino; giunto davanti alla nostra villa alzava un poco la testa dal giornale e se v'era qualcuno salutava gravemente senza l'ombra di un sorriso in fondo alla barba nera. Quella visita ci metteva in convulsione e se ne parlava per due settimane prima di farla. Indossavamo i vestiti da città, bene la– vati e pettinati e sorvegliati a vista fino all'ultimo momento perché non ci sporcassimo prima di uscire. Si partiva camminando avanti alle madri vestite di seta come per la messa ma senza il cappello, e colla sora Vittoria senza cappello anch'essa ma colla mantellina di pizzo e gé. Il mio amico era di pessimo umore quel giorno per le tante costrizioni e seccature che quella visita imponeva, e non fa– ceva che sbuffare alle raccomandazioni senza fine che ci venivano ri– volte: Non so perché, ma anch'io l'avevo sulle corna un mondo in– tero quella visita a cui si dava tanta importanza. L0i signora Bracali era una donna. rigida i. cui gesti e parole rivelavano tutti la mancanza di dolcezza sacrificata ad una linea di rettitudine che per essere troppo severa era diventata carica– tura bella e buona; e ad una mancanza di vanità femminile cosi assoluta che costiti1iva tutta la sua immensa vanità; alta, senza garbo nella persona, i capelli tirati alle tempie, camminava com– punta e compresa, indaffaratissima, coll'occhio da direttore d'or– chestra e sorridendo senza tono e senza sfumatura, presso a poco come si sorride sulla poltrona del dentista. A tutto qùello che le dicevano rispondeva in precedenza con dei « già già >> « si si >> senza lasciar finire il discorso, mostrando col proprio zelo eccessivo al– trettanta indifferenza per quello che le si diceva, e preoccupata solo di tenere lei il bandolo della matassa. Un grande mazzo di chiavi alla cintura, ritte, cattive, pungenti, offensive, tenevano il posto dei fiori, e le ostentava con maggior gioia che se fossero state rose o violette. I sei :figlioli, tr~ femmine e tre maschi, facevano ali alla madre sempre in due file, per divisione sessuale; con certe facce grigie e gonfie da collegiali divenuti bolsi a furia di mangiar patate e tetri per la disciplina e per l'uggia dell'ambiente. Ma si capiva che. quel– l'aria idiota era tutto il trionfo della genitrice che con tanto sus- BibliotecaGino Bianco

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