Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931
266 A. Palazzeschi salita a piedi con esse, piano piano a braccetto di~tro la ~iligenz~ sulla quale eravamo saliti noi occupati a prognost1care sm fagotti che vi si trovavano, con oggetti di necessità provvigioni per la set– timana e magari qualche dolce o balocco. Rimanevano in campagna dalla sera del sabato alla mattina del lunedì, che un po' per i loro affari, data la di:fficolta del tragitto, e un po' perché in quella pace troppo accentuata finivano per annoiarsi terribilmente, passavano l'estate in città. La domenica era un'.altra vita tutte le cose assumevano altra forma e colore nell'immobilità, l'~ria era diversa; si placavano gli odori e avresti detto che per quel giorno riposasse anche la terra, e che le piante le erbe e i fiori si abbandonassero un poco sulle radici allentando la loro vitale tensione. E le galline stesse intorno alla casa erano meno affannate nel procacciarsi un cibo e si vedevano meno o girellavano oziose. I contadini fermi o sedl<lti sull'aia in maniche di camicia, una camicia bianca stirata e sboffante, coi calzoni delle feste e il gilè, la barba bene rasa, pareva non sapes– sero dove mettere le mani divenute un ingombro, e che finivano per incrociare sul petto; erano di continuo tentati dal far qualcosa 1 ma toccando un oggetto lo riposavano presto come sovvenendosi che non si doveva lavorare, ciò che costituiva per essi la maggiore fatica. La mattina si rivedevano le mamme strette nel busto coi vestiti di seta e i cappellini piumati, la veletta il boa i guanti come in città, e gli ~mbrellini da sole, recandosi alla messa con lieve ansia nel respiro. In mezzo a loro la sora Vittoria colla mantellina di pizzo e gé e la sportina nera col mazzetto di violette ; per pararsi il sole teneva mezzo aperto all'altezza del capo un ventaglio nero di seta anch'esso con le viole dipinte. Si andava, alla messa ad una villa poco lontana, presso una vec– chia signora che, avendo seco in villeggiatura un fratello canonico, durante l'estate faceva dire la messa da lui nella propria cappella, recando grande servigio a tutto il vicinato, signori e contadini, ché per andare fino alla chiesa di ,Scandicci la strada era molta. Ed era un po'-come un ricevimento, che la padrona di casa dalla grata· fiancheggiante l'altare con cenni gerarchici del capo salutava i con– venuti, e alcuni intratteneva dopo la messa o faceva passare in casa. Il sacerdote era decrepito e cadente, tra burbero e intontito, pareva entrando che il calice dovesse cadergli dalle mani assalite da un tremito senile pronunciatissimo, e strusciando i piedi in terra pareva inciampare ad ogni passo e ad ogni scalino nello scendere e salire dall'altare. Diceva la messa perdendo e strascicando le pa– role con grande lentezza ravvivata ogni tanto da due o tre sillabe alte alte come di chi colto dal sonno in un' lavoro si ridesti dal torpore, o come chi la notte sempre dormendo ritiri le coperte in Biblioteca Ginc a .. CO
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