Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931
Stampe dell'Ottocento : la sora Vittoria 265 noi e voi, voi e noi. Angiolino era il capoccia, secco, rasciugato, ritorto, peloso nelle braccia e sul petto che mostrava dalla camicia aperta, irsuto in faccia, strabico, cogli occhi chiari ed un sorriso bianco, buono e furbesco insieme, che pareva vaga,re alto nell'aria collo sguardo, mentre il pensìero era fisso alle cose della terra. Entrava la Rosa sua moglie, la massaia, e la porticina non r-;oltanto si apriva tutta ma pareva allargarsi nella soglia per partorirla, mentre quel volume enorme passando vi si stringeva, e nel richiu · dersi dietro, il lagno per essa era più lungo assai che per gli altri passanti e assai più forte. Aveva la faccia circolare solcata di rughe lunghe e profonde che irradiavano il riso ampio e caldo della bocca senza denti: pareva un pagliaio che avesse in cima un sole da vignetta. Riposava le braccia nella risega che le anche offrivano loro come comodo e morbido sostegno e la corona le don– dolava in mezzo lungo il grembiule: buttandosi in,.ginocchio sem– brava di vederla disfare in terra. Entravano Eliseo e Remigio colle spose e i figlioli, e con Remigio entràva il cane che gli si acquattava ai piedi senza dar segno di vita; entrava Cecco, il figliolo giova– notto, la figliuola ancora ragazza e la zia vedova ; le tre generazioni della famiglia. Tutti s'inginocchiavano lungo i divani e qualcuno sopra una seggiola inclinata. · Angiolino faceva da prete e ad ogni paternostro dava una scam– panellata a cui il cane rispondeva aprendo un occhio e scrollando gli orecchi senza levare la testa acquattata. Accadeva talora che un piccolo disturbo o una voce o movimento intempestivo venisse da parte dei bambini o ragazzi che sotto la vigilanza diretta delle mamme eravamo in ·numero di sette, un segno d'impazienza o un riso soffocato che i grandi facevano finta di non sentire o sedavano calcando due s,illabe d'un' Avemaria. Detto il rosario l'assemblea si scioglieva verso i preparativi o l'attesa della cena. Con maggiore precauzione si entrava nella cappella dove ai piedi dell'altare, sotto un bel marmo con una grossa croce, era sepolto il marito della sora Vittoria; e guardando lei non mi pareva possibile che lì sotto riposassero gli avanzi di un giovane ventenne ma quelli di un vecchino bianco e buono come lei e come lei sor– ridente. L'aiutavo a cambiare l'acqua o i fiori dentro ai vasi, portavo via i vecchi, raccattavo le foglie cadute in terra e uscendo, sospinto dolcemente• dalla sua mano e colle foglie nel grembiule, davo un lungo sospiro per scaricarmi della lieve oppressione che il luogo mi imponeva. Il sabato sera SandPino portava i babbi che si andavano a Ln · contrare fino al ponte di Vingone dove incominciava la salita, e all'apparire della diligenza nel crepuscolo, le mamme ci dovevano acchiappare frenando la nostra gioia. Essi scendevano e facevano la BibliotecaGino Bianco
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