Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931
264 A. Palazzesohi nelle loro forme e colori, e nel loro profumo, come allora, ma è un attimo inafferrabile; una vertigine travolge il mio pensiero in un oceano di imagini e lo sommerge. E uno ve n'è fra quelli, che nasceva da sé da un bulbo lungo la siepe e il ciglio dove scorreva l'acqua della via, un bocciolino giallo pieno di semi e con certe foglioline in forma di spade, che non rividi dopo nell&, mia vita in nessun luogo e non potei dimenticare, e che rimane in me nella sua imao·ine ver!!"inale come non fosse più della terra e dell'aria, o ' ~ ' ma di tela o foglio sotto una campana di vetro, o, meglio anc6ra, come una donna vecchia e non fecondata che sia rimasta bambina di forme e di espressione sotto le rughe della vecchiezza. Dando le forbici a me e dicendomi con un cenno del capo dove dovevo dare il colpo sullo stelo, mi ha in"segnato a cogliere i fiori; la guardavo negli occhi che socchiudeva appena annuendo, quasi per sottrarsi inconsciamente al minuscolo crimine che quell'atto rappresentava. , Ma un giorno il mio terribile compagno si accorse del privilegio, ed essendogli vietato l'ingresso nel giardino, che lo avrebbe in breve messo a soqquadro, mostrando i pugni e pestando i piedi si dié a grida,re scuotendo i ferri del cancello mentre eravamo dentro. La sora Vittoria a quelle furie non ebbe un sussulto, e seguitò il suo lavoro come se non lo avesse udito e visto. La sera però, scalando il muretto dalla parte del campo, salito nel giardino "9'i strappò alcuni fiori col gambo così corto che alle sue mani quasi non era possibile il tenerli, e venuto a farsene vanto in mezzo a tutti, vistosi rimpro– verato e deriso, rabbiosamente ce li scagliò in faccia tirando fuori la lingua fino alla radice. Uscendo dal giardino coi fiori colti si andava nella cappella dove una fiaccolina ardeva perenne galleggiando nell'olio di un bicchiere, e dove i fiori sull'altare venivano cambiati o curati quo– tidianamente. Poche volte all'anno, in certe ricorrenze, vi si diceva la messa e la domenica sera all'Avemaria la sora Vittoria vi diceva. il rosario, mormorato appena, con le due o tre donne rimaste a casa nel pomeriggio di festa. Tutte le altr:e sere dopo il calar del sole il rosario veniva detto, alto e al completo, nella stanza d'ingresso. Dalla porticina che si apriva a ventaglio, a seconda di quello che– doveva passare, e richiudendosi da sé con un lamento tenue di vec– chia ormai seccata di tutti quei passaggi, uno ad \I-no apparivano i contadini reduci dalle faccende dei campi o della stalla, e le donne interrompendo quelle della casa, in segno di rispetto si tiravano giù le maniche della camicia o del giacchetto. Angiolino entrava il primo colla corona in mano e nell'altra il campanello e una tabella di car– tone div~nuta quasi nera, su cui erano scritte le litanie, l'Oremus e 1~preghiera per le anime sante del purgatorio che mi faceva sempre ridere per le troppe volte che vi si ripetevano a spola le parole BibiiotecaGino Biancò
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy