Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931
380 H. FAUCONNIE u., Jlfalaisie invece la magg.iore amptezza della, seconda edizione è dovuta a successivo accrescimento. Ipotesi ,che non sarebbe fuori di luogo, c~me _vedremo, se d'altra parte si poco tempo non fosse passato tra la pubbhcaz10ne nella rivista e quella in volume). . Questo investigare potrebbe sembrare poco discJ.•eto: se l' _auto 7 e stesso, parlando con un giornalista, - confessione tanto più preziosa m quanto ivi ed altrove egli, ci vien des~ritto ?ome uomo .es~rema~ente chiuso e parco di parole, sempre ma più specialmente v.ei l'lguardi del– l'opera sua, - non avesse accennato al fatto che _il ro manzo _ è nato dal– l'estensione di un nucleo narrativo, che nella pruna concezione doveva esaurirsi in una novella. Solo che, contrariamente a quanto in caso ana– logo è avvenuto, per esempio, nel Lord Jirn di Conrad, il nucleo primi– tivo è costituito qui dall'episodio che è alla fine del libro; ed è la parte più propriamente romanzesca; mentre tutta la parte antecedente, che si è venuta a poco a poco costituendo come una preparazione del « fatto » che scoppia nell'ultimà parte, utilizza sopratutto i ricordi e le impres– sioni personali dell'autore. Come si sa, il Fauconnier ha vissuto lunghi anni in Malesia, e quel soggiorno ha costituito forse l'esperienza più profonda e specificamente personale della sua esistenza. Mèssosi uu giorno a scrivere per raccontare un tipico episodio di vita malese, a poco a poco egli si è visto condotto, dal bisogno di costituire a quel racconto un convincente antefatto, a creargli intorno tutto un humus, nel quale più naturalmente venissero ad apparirne qua e là le radici: e altrettanto naturalmente per far ciò è stato condotto a utilizzare, a svolgere dai pre– cordi quanto rimaneva deposto in lui nel profondo di quella esperienza. Ora, se tale elaborazione ha senza dubbio conferito al libro assai mag– giore significato e consistenza non solamente narrativa, sembra anche che di tratto in tratto l'autore si sia lasciato prendere la mano dal ri– cordare pel ricordare, si che certi episodi, in ispecie al principio, sono magari pittoreschi ,e divertenti per sé, ma poco hanno a che fare con la vicenda essenziale, o almeno non si innestano perfettamente al suo an– damento e nel suo tono. Donde quella incertezza, quell'ondeggiamento di giudizio cui s'è accennato. Ohi si ,è lasciato ipnotizzare dal candore, dalla buona fede, daJ~a misura, aliena da ogni enfasi e da ogni decla– mazione, delle rievocazioni di natura, e di vita, malese, è stato tratto ad affermare la sanità e l'equilibrio morale dell'opera, affatto aJiena se~ condo lui da ogni spirito cli inquietudine romantica e da ogni contagio' di ideologia negatrice e ribelle. Mentre altri sono tratti precisamente a mettere l'accento unicamente su una tale natura intima dell'ispirazione a parer loro essenziale i,n questo romanzo. ' Non par contestabile -chei secondi abbiano avuto più fiuto dei primi: ma sta di fatto che anche nell'animo dell'autore sembra permanere una tal quale incertezza e dualità : e più precisamente, che quel tema del– l'inquietudine e dell'evasione sia sentito dall'autore piuttosto lettera– riamente, come qualcosa cioè di avventizio e di esternamente rivelato : mentre la sua più profonda natura pare manifestarsi in quella sua ma– niera di testimoniare, ingenua e timida, sensibile e. assorta. È nota la vicenda, del libro. Un giovane piantatore francese incontra un giorno in Malesia colui che in una notte di guerra, in fondo a una buca di granata dove il caso li aveva condotti a riparare insi~me, gli BibliotecaGino Bianco
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