Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931
r S. QuASJMODO, A.eque e terre 379 attrav,erso semplici inflessioni di voce e impreviste, ma accettate, for– tune d'architettura e di stile quella pàtina di distacco, quel sereno acume dell'intelligenza che furono vanto della poesia dei classici. Così .in Confessione, nella quale il poeta contempla e domina il suo dolore con stoico giudizio : << Mi trovi deserto, Signore - r,ieltuo giorno j - serrato ad ogni luce. « Di te privo spauro - perduta strada d'amore ~ e non m'è gra– zia - nemmeno trepido cantarmi - ohe fa secche mie voglie. « T'ho amato e battuto j - si china il giorno - e colgo ombre dai cieli: - ohe tristezza il 11iiocuore - di carne! >>. Non troviamo qui, e neppur~, tranne qualche eco lontana, nelle liriche che abbiamo ricordato come significative, del Quasimodo, remini– scenze sensibili. Il poeta è già libero e sicuro. Tanto libero da poterci dare nella trepida lirica Vento a Tindari che ha l'andatura leggera e alata di un inno, ed è perciò lontana dalle sapienti annotazioni (tutte pause spazi e silenzi) delle poesie simili a Confessione, forse il meglio cli sé: « Tindari mite ti so - fra larghi colli pensile siill'aoque - dell'isole dolci del dio - oggi m'assali - e ti chini in cuore .... >>. Veda il lettore il resto; e non si spaventi se il senso della poesia gli si dissolverà in musica. Poiché senza dubbio anche Vento a Tindari, - una di quelle, pagine d'estto che non fanno legge nella vita di uno scrittore, - conferma il carattere decisamente « difficile>>della lirica del Quasimodo. E al poeta, che pare mettersi coscientemente per la strada di un'arte chiusa all'intel-ligenza e all'amore dei più, a nessun patto vorremmo dare consigli. Saprà egli nutrire una poesia di questa natura di tutta la rinunzia, e del chiuso ardore e del sacri:fizio ch'essa richiede? Saprà egli più e più legittimarla pagandone il prezzo di persona ? È quello che ci dirà il tempo, e che qui, tanto è grave la posta, non si osa neppure augurare. EUGENIO MONTALE. HElNRY FAuCONNIER, Malaisie. - Stock, Pa,ris, 1930. Fr. 15. La reazione della critica francese nei riguardi di quest'ultima opera premiata dai dieci dell'Accademia Goncourt è stata pressoché unanime nel riconoscimento del valore di essa, imbarazzata e incerta in genere per quella che ne è la portata e i significati. Tale percettibile disorienta– mento è dovuto per gran parte a una non compiuta fusione in una unica tendenza dei vari elementi che sono venuti a confluire nel libro, e che si traduce in una lieve oscillazione nel tono. Niente dì meglio, per avere una sensazione concreta e quasi materializzata c4 tale implicito divario, che il mettere a paragone tra loro le due versioni del romanzo: quella integrale in volume che ne ha dato l'editore Stock, e che ha otte– nuto il premio: e quella precedentemente apparsa a puntate nella Nou– velle Revue Française, alquanto più breve e stringata. (E si amerebbe sapere se tale diversità è dovuta solamente a ragioni di spazio, se, ìn altri termini, quella maggior brevità è dovuta a tagli provvisori, o se ioteca Gino Bianco
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