Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931

356 G. Bucci « Cimitero di Domitilla», sulla vfa pubblfoa che l!)gava l'Ardeatina con l'Ostiense: . « È un ino-resso in laterizio finissimo, quale si trova soltanto nei monumenti del primo secolo; sulla porta vi è ancora il posto per un'epi– grafe. Per essa si entra in un ampio corridoio, coperto d'intonaco a pitture cl'istiane, simili in _tut~o a quelle di P~m~ei e perci~ de~ t:mpo di Nerone e di Tito con rucch1e per sarcofaghi d1 marmo d1 cm s1 son trovati dei framme~ti. Dalle due parti ci .sono due stanze, l'una desti– nata al triclinio, ai pranzi funebri, alle agapi fraterne; l'altra con il pozzo, precisamente come negli altra monumenti funebri pagani. I~ Cristianesimo godeva di quel periodo di pace, che va dàlla morte d1 Nerone a Domiziano, libero per via di fatto, se non di diritto: e ce l'attestano cosi le catacombe .... ». Eo-li è felice quando nèlle c:riipte più celebri ritrova il latino so- o . nante di Papa Damaso, che nel secolo quarto l'ha precèduto m questo culto dei martiri, e l'enfasi alata dei suoi versi ritmici ha voluta incisa sul marmo in caratteri nitidi, solenni, degnissimi del secolo· di Augusto. E quando con la storia arriva al martirio di Oecilia, ingenua no– bilis clarissima, che i vapori ardenti han ,soffocato nel balneum della sua casa nuziale e tre volte ha colp,ito il ferro dello spiculator, Maruc– chi segue il bel ,corpo esamine dalla sua tomba prima, sulla via Appia, nella cripta dei Papi, fino al trasporto nella basilica sontuosa sorta in Trastevere sulla casa del martirio, e all'apoteosi che ne fa Clemente VIII nel 1599; quando, ritrovato il corpo intatto, lo espone al popolo per mesi e poi lo rinchiude nel nuovo sarcofago d'argento, ma dopo che il gran Maderno ha .eternato nel marmo l,e caste forme della sposa cri– stiana, dormente a mani intreociate ,sul suo sangue, le chiome fluenti sulle spalle e il bel viso nascosto contro il suolo. Cosi dalle catacombe Marucchi ci ha •condotto per mano a,d ammirare il fiore ultimo e più puro dell'arte della nostra Rinascenza. Eppure io non scorderò mai l'orrore della prima- discesa nelle cata– combe, di quel mio primo tuffo nell'abisso. Dovevano esser certo quelle di Priscilla, an:che se la moda del Quo Vadis ? voleva ripetuto un nome allora popolare, « Cimitero Ostriano », che adesso si cerca invano nelle guide. . In cima alla stradina serpeggiante tra gli orti piena di sole un rialto di terra con una porta nera. L'abbiamo appei:.a, varcata e il buio ci fascia,. il suolo si sprofonda ed a tastond., aggrappata la mano a un'asta di ferro rugginosa, sprofondiamo pei gradini di una scala ripi– dissima verso il fondo di un pozzo, dove si e no delle voci sussurrano, e v,engono e vanno fiammelle smorte. Pod. l'occhio si adatta: quel de– bole chiarore che viene dal basso scopre grado grado le due pareti altis– sime dell'ambulacro: s'on fitte di buchi neri, a file sovrapposte, che non si arrivano a contare, loculi, tombe. Molte son chiuse anc6ra con lastre di marmo, o con larghi mattoni ma le più• sono aperte ed ecco • l . ' ' ' su cuscmo nero della terra, il biancore .fil un teschio costole tibie vertebre ammucchiat~ ..... Toochiamo il fondo, siamo a,~canto a' quell; ombre : no, son uomm1, son donne, molti seminaristi come noi, molti BibliotecaGino Bianco

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