Pègaso - anno III - n. 2 - febbraio 1931
1 capricci dell'Adriana 195 - Te lo dirò domani. Ora va'. Dom3Jlli ti racconterò tutto, - disse la cant3Jllte 00111 voce stanca. - Ma non ho fatto niente di male. Ora ho bisogno di riposare, di d'ormire. - Ha mangiato ? - Noill ho fame, vado a letto. Ma tu va' dal c-0111te, che 1110n stia 3Jllcora in pe,nsier•o. - Vado, - disse la cameriera, - e int;mto le farò portare del latte. Il latte s'ingolla senza fatica. Uscì. Rimasta sola, la c3Jlltamte prese dal tavolo il candeliere, entrò nella sua camera. Si avvicinò al letto e illlcomÌillciòa spogliarsi lentame,nte. La sua mente stmnca non sorvegliava più i suoi gesti; questi erano macchinali, dettati dall'abitudine. Indossò la camicia e si coricò; uin barlume di civetteria le suggerì di lasciare scoperta uina spalla, bi3Jllchissima fra le trine bianche: verrebbe il c-0nte, si chinerebbe a badare quella carne nuda; cullata dallll, voce di lui si addormenterebbe, se,ntirebbe illel primo so!Ilno le sue dita leggiere passarle sopra le ciglia. Egli la vorrebbe desta. - Il Signor Conte dice che stasera illon può venire, e che spera di vederla domani. Le augura uill buoill riposo. - La voce della cameriera che le ripeteva l'ambasciata, le fece aprire gli occhi. Rassicurato, il co!Ilte si rifiutavll, di venire, le te– neva il broncio. - Ha ragio!Ile, - disse l' Adri3Jlla come conclusione ai suoi pensieri. - La Signora stia tr3Jllquilla,- fece allora la cameriera, e la sua voce era calda, convincente, di chi vuol consolare: - Il Si– gnor Conte è stato felicissimo della notizia, e bisognava vederlo in viso sul momento, mentre parlavo, come l'ho visto io, per esseme più che sicure. E il primo impulso era stat-0 quello di correre al- 1'uscio. Ma poi si è trattenuto. Ma nOill dubiti che verrà, che le vorrà bene anc6ra ; e forse, prima di domattina .... Temette di avere ecceduto, di essersi dimostrata troppo confi– denziale. ,Ma voleva berie alla sua padrona, e per carattere amava stare vicina a persone felici. S'interruppe, poi aggiunse: - Ho ripetuto alla, Signora le parole precise del Signor Conte, e posso dirle che le prOillunciava senz'ira. Si allontanò dal letto, si mise a ripiegare le vesti della camtante, sparse in· disordine sopra una seggiola. - Non ho fatto 111iente di male, - diceva l' Adri3Jlla come un la– mento, come parl3Jlldo a se stessa. Picchiarono all'uscio. Era la Palmira, la giova111e serva della locanda, che recava uilla tazza di latte. Intimidita, venne avanti lentamente", porse alla cantante la, bevamda. In quel momento la Maria domamdava: - Sigmora, di questo vestit-0 cosa vorrà BibliotecaGino Bianco
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