Pègaso - anno III - n. 2 - febbraio 1931

1 capricci dell'Adriana 191 barazzo le suggerivano la seconda, ed erano tanto forti quest'ultimi che come pernsò che la gram porta verde poteva essere già chiusa, senti il fastidio di farfii vedere. La sua fuga doveva aver messo in allarme l'intera locanda, e i commenti, dilagando dai camerieri, do– vevamo essere saliti fino all'albergatore e scesi fino all'ultimo sguat– tero. A questo punto un'altra preoccupazione l'assali: che la co– mitiva tornasse pur essa in quell'ora, la raggiungesse su quella strada. Cosa dire ? Oome cbntenersi ? Le gran risate che avrebber fatte scorgendola traiinata da un sì elegamte equipaggio ! Immaginò di scendere, di 1I1ascondersi al primo accenno della cavalcata; -;tu– diò ai lati d'ella via il modo più agevole e pronto e la rassicurò un proseguir di siepi e di fossati ; scrutò in fondo se apparisse nembo di polvere; ascoltò attenta i rumori. Intainto la carretta aveva per– corso un bel tratto di strada, e sia che questa fosse doventata più ripida, sia che gli si fosse già speinto quel primo ardore, il ciuco aveva abbandonato quella sua allldatura vivace e pr,eso un passo comodo anzichenò. Il giovanotto tentava ogni tanto a suon di fru– state ,di rianimare quella fiacchezza, ma la bestia, fatto un trot– terello di pochi metri, tomava a camminare dondol8Jndo la testa e a!fmusando la polvere. Voltò egli allora la frusta, e picchiò col ma– nico ; i colpi sulla schiena ossuta ris1Hmarono secchi e dol-Orosi: essi, e l'improvviso e scomposto galoppa,re del ciuco che fece sobbalzare la carretta, distolsero l'Adriana dai suoi pensieri. Fermò ella coo la mano quel braccio che puniva, e al c01I1ta,dinoche si voltava me– ravigliato a guardarla, così parlò: - Perché picchiate quella povera bestia? lasciate che cammini oome le pare. Io ,non ho fretta., ,nolll mi preme di giungere per il pranzo. Mezz'ora più, mezz'ora meno, non guasterà. Si sta tanto bene all'aperto, in questa bella serata, ed è così dolce lasciarsi por– tare da questo carretto. Verrebbe voglia che il viaggio lllon avess~ mai fine. Non appena ebbe p·ro11rnnziate queste parole, co~ì spontanee e irriflessive, ché la sua necessità era bern altra, si sernfì vinta ve– ramente da quella pace. L'aria andava lentam,,ntP oscm·a,nrlosL il sole era già calato, e soltanto 111e rimaneva il ricordo Hi JJOJH.m te i.n un leggero e diffuso colore rosato del cielo. I rumori più vivi cbe avevano preceduto il tramonto già si andavano placam.do ; si udivano i grilli incomilllciare dai prati, e il fogliame degli alberi e ra vasto e misterioso, e vi si raccoglievano l'ombre. I rari viandanti chf' i;:'in– crociavano di tanto in tanto, avevano il passo lesto, richiamati dai deschi; fra breve si sarebbero accese le luci ,n«:>lle case, e il paesaggio sarebbe doventato l1iil insieme di masse buie confuse sotto un ciel0 invisibile. Era ·quell'ora, la più dolce e serena del giorno, che ter– mina l'opre degli uomini; chi si sente la coscienza tranquilla, ode lieto i rÌliltocchi delle campane an1nunziare la prossima notte, e BibliotecaGino Bianco

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