Pègaso - anno III - n. 2 - febbraio 1931

158 A. Bonsant'i fra la polvere, oltre la svolta. Nel cortile .gH stallieri si affaccen– davamo intor1110a due legni wntiquati. Era l'uno una carrozza svelta e leggera imbottita di damaschi rossi, l'altro una berlina da viaggio mal ridotta. U:n servo ritto in piedi sop-ra una botte _ca~o– volta assicurava a martellate uno sportello sgangherato. Dei p1c– cio[li volavano a coppie presso una pozza d'a,cqua e ne ripartivano per i tetti vicini, altri beccavano incuranti dell'andirivieni. Un vec– chi<v seduto sopra uno scalino aveva parole per tutti : parole al vento, ché nessuno gli dava retta. L' AdriMJ.a lasciò la finestra e per– mise alla Maria d'impadronirsi di lei. Seduta più tardi davanti alla toletta,, mentre le mani leggiere della cameriera le districavamo i capelli e sentiva per le vene il salll– gue fluire dolce e veloce per la lavanda e i massaggi rece,nti, la can– tante pensava alla sua vita d'oggi e ,non era contenta. Si risovvenne · allora del ,gioco che le aveva insegmato la Maria, una specie d'esame di coscienza tutto moodano e temporale da farsi nei momenti neri con metodo, un attento richiamare alla mente le azio,ni più vicill1ee discuterle, scoprire le errate, consolarsi delle giuste, delle prime studiare i rimedi, se ve ne fossero e quali, delle seconde rammen– tarsi per i casi futuri che certamente ritornerebbero, simili o presso a poco, e insieme regola1·si per Je azioni future, assicurarsi delle già fissate che no111 tradissero a mezza strada e fissarne delle nuove, grate e giovevoli: in tutto questo affacciarsi, imperare e svanire d'idee, quella nera era dimenticata, anche se non si dava il caso che da quel paziente lavorio ne trapelasse l'inconsistenza. - Pensi ai casi suoi che si distrarrà, - le diceva la Maria quando la vedeva i111 preda alle ubbie ed era poi persuasa che t·utto dipendesse dalla noia e dalla stagione, e che le :nuvole si stampassero tali e quali sull'anima. Aveva in gran parte ragione, tanto spesso avviene che dia nel segno chi giudica semplkemente. ,Ma nO'll sempre, perché ogni regola vive di sottigliezze che !IlOn tutti intendono, senza con– tare l'imprevisto. Il q1iale nella vita dell'Adriana aveva il suo peso come i111 quella di cia.scheduno, e nasceva dalle cose infime più che dalle grandi, perché son quelle che nOiildamno nell'occhio, com'è vero che si bada al trave e 1110111 al fuscello. E si potrebbe amche dire che ciò che prende il nome d'imprevisto sorge sovente dàll'inco:n– sideratezza. Ma questi discorsi servon soltanto per gli impicci che si posson vedere, 1110n per gli altri, fra i quali bisogna porre la- fanta– sia altrui. Questa, nei casi dell'Adriana, sembrava non avesse a che fare, trunto chiara.mente appariva essere invece la sua a regolare l'agire di chi le stava vicino, ma certamente più che una buona azione fu un capriccio, un estro da grain signora quello che spill1se la sua pr-0-tettrice a toglierla ancor fanciulla dal paese sopra Vi– cenza dov'era nata, condinrsela in città e a:ffida,rlaalle cure di un tal Crescenti, maestro di canto in Borg,()ITT.uovo. Così la sua vita presente BibliotecaGino Bianco

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