Pègaso - anno III - n. 2 - febbraio 1931

I H. MAssrs, J ugements ecc. 255 profondément inhumain. Les hauts sentiments de notre nature moraJe lui sont étrangers l>. Cosi il .M:assis: ma è possibile che una satira cos!Ì. acre e pur gèperosa, come si ritrova nell' Histoire contemporaine, sia dettata solamente dallo scetticismo, e non trovi la sua radice in impulsi, in principii ideali i quali potrebbero somigliare proprio a quegli « hauts sentiments >l che il Massis nega all'autore eùn tanta disinvoltura? .Senza dire che noi non possiamo comprendere come il Massis, che vorrebbe darsi l'aria di pensatore rigoroso, possa uscir fuori ingenuamente a esclamare: « Ce n'est pas certes le moindre de nos étonnements de voir son style si harmonieux et si joli, quand sa pensée est si contradictoire, si incertaine » ! Il secondo volume è occupa,to in gran parte da un lunghissimo sag– gio su, o meglio contro André Gide: saggio esauriente e monotono, nel quale tutti i temi dell'occidentalismo del Massis sono chiamati a rac– colta in tal Iru)do da far pensare che proprio soltafilo per combattere Gide il Massis sia stato spinto a ricercarli, e per esso abbia poi addi– rittura creato questo suo strano « sistema occidentale l>. Ci permet– tiamo di osservare che quando così fosse sa,rebbe dar troppa impor– tanza a un solo uomo, e ad un uomo poi che non è certo un pensatore di prim'ordine. Ma tale origine purtroppo ha molte apparenze d'esser vera, e spiegherebbe d'altronde ottimamente quel che di frivolo,· ùi mondano è ne,l pensiero di tutto Massis, e ci aiuterebbe a compren– dere perché riesca di solito così monotono. È sempre lo stesso insi– stente motivo dell' « asiatismo », del disordine, per Gicle come per Ro– main Rolland, per France come per Duhamel. Certo è che la critica negatrice, fatta in nome di un principio, non può sotto certi aspetti non risultare uniforme, ma quello che conta è di sapere opporre a questa negazione un ideale ben definito. In ciò Benda, pur essendo anche lui non privo di mende, gli è di molto superiore, nel tono, nel calore, n_el– l'eloquenza di chi afferma e si compiace di ritrovare negli altri le ri– spondenze del suo pensiero. Ma si direbbe che il Massis sfugga invece queste occasioni. Parla, qui come già nel suo libretto, Réfiexions sur l,art du roman (Plon, Paris, 1927), del romanzo contemporaneo, ed esce a dire che male si riferiscono a Proust questi moderni romanzieri del subcosciente, negatori della personalità. Proust, egli sostiene, non fece che moltiplicare gli aspetti della personalità, senza mai, per questo, ne– garne l'unità originaria, senza preoccupazioni metafisiche : le sue fa– migerate « intermittences du coeur » hanno un valore puramente episo– dico, si potrebbe dire, stilistico, ma egli resta pur sempre un giudice, e non si può non vederlo sulla linea dei moralisti francesi, da Montaigne a La Bruyère, a Saint Simon. Così egli dice, ed è affermazione origi– nale e non priva di verità, che dovrebbe servire moltissimo alla sua tesi. Ma ~gli non si cura di sviluppa,rla, di darci un saggio su Proust da tal punto di vista, che sarebbe veramente interessante e fattivo, e che avrebbe occupato tanto vantaggiosamente, nel suo volume, il posto, per esempio, del lungo saggio sul Barrès; dove egli si affanna a dimostrare le deficienze del pensiero barresiano : deficienze e contraddizioni ormai note (è proprio il caso di dirlo) e « lippis et tonsoribus ». BibliotecaGino Bianco

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