Pègaso - anno III - n. 2 - febbraio 1931

2fi4 H. MASSIS, Jugements ecç. un pensiero che può apparire sostanzialmente giusto, almeno finché si tratta cli critica negativa. Dove invece si scorge l'aridità del pensiero di Massis è proprio dov'egli passa, contro questi elementi dissolutori, ad affermare a disegnare le linee del suo ideale. Per lui la vera erede della saggezza ~ntica, la depositaria della civiltà europea occidentale, è la Chiesa cattolica. Idea rispettabilissima, ma non ancor pacifica. Noi po– tremo ben concedere essere il Cattolicesimo uno degli elementi fonda– mentali di questa nostra civiltà, gli accorderemo Ja insufficienza delle in– finite Chiese protestanti dinnanzi al problema del nostro viver civile: ma che soltanto nella Chiesa- cattolica sia da riconoscere il nostro euro– peismo ci pare tutt'altro che dimostrato. Lunghissima .sarebbe la discus– sione, ma per accenna,rne qui soltanto qualche capitale argomento, ba– sterebbe obiettare al Massis che la sua civiltà razionalistica, il suo ideale, almeno stando a quel poco ch'egli ne dice, ricorda assai da vicino il pen– siero del Settecento, diremo di più, l'Enciclopedismo. E, mentre non è chi non riconosca appunto nell'Enciclopedismo uno degli elementi più im– portanti dell'attuale pensiero dell'occidente, sta, il fatto ad ogni modo che tale movimento fu veramente « europeo» quaiit' altri mai, razio– nalistico e intellettualistico. In quali rapporti sta, la·,,Chiesa cattolica rig·uardo ad esso? Noi non commetteremo certo l'ingenuità di pensare il Sette0ento come al tutto ateo o irreligioso, o, peggio, anc6ra, teosofo, e basterebbe l'esempio del nostro Verri a di!'suadercene. Ma da questo al farlo rientrare completamente nel Cattolicesimo, ci corre molto, e quand'anche non fosse cosa impossibile da dimostrarsi, è proprio que– sta la dimostrazione che vorremmo da.I Massis. E analoga questione, se pure di minore importanza, ci sarebbe da sollevare riguardo al posi– tivismo europeo e «occidentale>> del secolo scorso .... Ma il Massis non se ne cura, e, quel che è peggio, si dimostra troppo frettoloso giudice, pronto a bollare di « asiatico >> qualsiasi nostro pensa– tore, badando più a qualche lato secondario magari; che all'assieme del suo pensiero o agli elementi più importanti cli .esso. Possiamo conce– dergli un Dostojevski, ma se il Rousseau ha pur molto del « russo » nelle sue Confessioni, il libro che più contò per il nostro Settecento non fu piuttosto il suo Contratto sooiale ? E anche sulla maniera d'intendere questo libretto, .come pure su quella di intendere Carlo Marx, sarebbe lµnga la lite. Ma quello che ci preme mettere in mostra, per la critica dei suoi Jugernentsy è appunto la sua fretta dogmatica di classificare, di condan– nare, di r~spingere, spesso senza scorgere nei suoi autori, pur attraverso ad errori e traviamenti, le cose giuste, quello che fu l'apporto vitale del loro pensiero. Così noi potremo conco.Fclairecon lui nelle lunghe critiche che egli fa a Renan, ma liJ.uandoci volgessimo a ricercare quello che è vivo, che può esser.e vivo per noi oggi, del pensiero di Renan, non tro– veremmo altro nel Massis se non una sommaria condanna. Cosi sembra che col France egli a,bbia buon gioco, nell'assalire il suo dilettante.simo umanistico, a fondo scettico, profondamente negatore : ma dovrebbe pur ricordarsi ch'egli non si trova da.vanti a un filosofo, e che, prima di scrivere del France certe parole, bisogna pensare non tanto alle sue sen– tenze quanto all'essenza stessa poetica delle opere. « Cet humani_ste est BibliotecaGino Bianco

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